UNA RISPOSTA A STELIO SPADARO SULL’INSURREZIONE DI TRIESTE

Oggi, 28 aprile 2012, anniversario della fucilazione di 14 antifascisti, tra i quali il corriere del CLN (Partito d’Azione) Mario Maovaz, i gappisti Bruno Kavčič, Ruggero Haas e sua moglie Albina Brana, e altri 10 partigiani friulani ed jugoslavi, abbiamo letto l’intervento del professor Stelio Spadaro sul “Piccolo” del 28/4/12 “Il ricordo di don Marzari al Masso della Resistenza”, in cui parla dell’insurrezione del CLN triestino, definita una “primavera di libertà” che “fu subito stroncata dalla cupa volontà annessionistica jugoslava” (non entriamo nel merito di questa affermazione che non condividiamo né storicamente né politicamente) e concludendo così:

“Oggi dobbiamo ricordare gli uomini e le donne della Resistenza soppressi dal fascismo morente e feroce, ma anche gli antifascisti italiani che vennero perseguitati o fatti sparire al momento dell’occupazione jugoslava e dopo, a Fiume, a Gorizia, a Trieste e in Istria”.

È questa ideologia della memoria bipartisan, che vuole accomunare nazifascisti e comunisti, che vogliamo stigmatizzare: ed anticipiamo che parleremo solo relativamente a Trieste.

Premesso che a Trieste l’Esercito jugoslavo arrivò come esercito alleato e prese il controllo della città, come da accordi internazionali, e ricordando che gli ordini del CLNAI erano che al momento in cui il territorio veniva liberato da un esercito alleato il CVL che si trovava sul posto era obbligato a consegnare le armi all’esercito regolare, possiamo capire il motivo di svariati arresti operati dagli Jugoslavi nei famosi “40 giorni”: se qualcuno (come rivendicato, peraltro, da svariati Volontari della Libertà) rifiutava di consegnare le armi agli Jugoslavi, veniva arrestato. Punto.

Di antifascisti “fatti sparire” dagli Jugoslavi a Trieste si parla molto, ma non si fanno mai nomi. Vero è invece che alcuni membri del CVL (una quindicina), che precedentemente avevano fatto parte della X Mas o della Guardia civica furono arrestati e portati in Jugoslavia, alcuni nei campi di internamento per militari, altri in carcere a Lubiana. Così per alcuni membri della riorganizzata Brigata Venezia Giulia, arrestati a fine maggio dopo avere agito (anche in armi) contro gli Jugoslavi (che erano legalmente insediati, piaccia o non piaccia), dei quali un altro degli arrestati, Arturo Bergera, scrisse che “si erano proposti di difendere l’italianità di Trieste dall’invadenza slava” (relazione in archivio IRSMLT n. 866). Bergera era stato invece arrestato assieme a Luigi Podestà e al colonnello Mario Ponzo perché i tre, facenti parte di una missione britannica, si erano appropriati dei fondi della Marina militare al momento dell’insurrezione di Trieste, per evitare che finissero in mano agli Jugoslavi (relazione del capitano Podestà conservata in archivio IRSMLT n. 867). Bergera e Podestà furono detenuti per due anni, Ponzo morì durante la prigionia.

A parte invece andrebbero analizzate altre due vicende di persone effettivamente scomparse. La prima è quella della professoressa Elena Pezzoli, arrestata dalla “banda Steffè”, un gruppo di criminali comuni ed ex X Mas infiltrati nella Guardia del popolo, che derubavano gli arrestati e li facevano sparire: questo gruppo fu smascherato dalle stesse autorità jugoslave ai primi di giugno, i responsabili arrestati e condotti in Jugoslavia, dove furono processati e condannati.

La seconda è quella dell’aviere Carlo Dell’Antonio, che era stato arrestato già a febbraio dall’Ispettorato Speciale di PS, ma secondo alcune fonti sarebbe riuscito a fuggire e nei primi giorni di maggio ritornato nell’edificio di via Cologna, dove si erano insediati i partigiani, per recuperare i valori che gli erano stati sequestrati, ma sarebbe stato arrestato e scomparve. Il fatto è che in via Cologna nei primi giorni di maggio non erano insediati i partigiani jugoslavi, ma quelli della brigata San Giusto del CVL; ed inoltre dobbiamo tenere conto della testimonianza di un detenuto che aveva visto portare via il corpo di un uomo in divisa da aviatore, morto dopo essere caduto (non si sa se gettatosi da solo o se gettato dai suoi aguzzini) dalla finestra del primo piano.

Come dice il professor Spadaro, è doveroso conoscere queste pagine di storia: ma è anche doveroso conoscerle fino in fondo e non fermarsi alle facili demagogie.

Claudia Cernigoi

 

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