REVOCA DELLA ONORIFICENZA A PARIDE MORI, UN RISULTATO INSUFFICIENTE

Lettera al Direttore della Gazzetta di Parma

Sulla revoca della medaglia a Paride Mori

Egregio Direttore,
se settant’anni fa avessero vinto i fascisti, gli antifascisti non potrebbero dire e scrivere liberamente; ma hanno vinto gli antifascisti e così anche i fascisti possono dire e scrivere liberamente ciò che vogliono. Compreso sostenere che il fascista parmense Paride Mori è stato una specie di eroe e che è una vergogna che il Governo pochi giorni fa abbia fatto – parzialmente in realtà – marcia indietro rispetto all’attribuzione a Mori il 10 febbraio u.s. dell’onorificenza della Repubblica come “infoibato” (o assimilato).
Com’è noto, come nessuno storico mette in discussione, all’inizio d’aprile 1941 l’esercito italiano fascista del Re e di Mussolini aggredì, insieme con la Germania nazista, la Jugoslavia senza che la Jugoslavia avesse fatto alcun male all’Italia, ne invase e tenne occupati diversi territori, con metodi (secondo la Commissione per i crimini di guerra delle Nazioni Unite) feroci e crudeli non meno di quelli nazisti. Di qui la rivolta popolare contro l’Italia fascista, lo sviluppo impetuoso del movimento partigiano con le formazioni repubblicane e comuniste guidate da Tito, impegnate nella più grande guerra popolare antinazifascista in Europa.
E la guerra fu tale per cui il 1° maggio 1945 Trieste fu liberata dai nazifascisti – liberata, non occupata – da parte dell’Esecito Popolare di Liberazione Jugoslavo alleato degli anglo-americani e dei sovietici, così come gli anglo-americani liberarono – liberarono, non occuparono – la Sicilia, Roma, ecc.
Dopo l’8 settembre ’43 nell’Italia del Nord i Tedeschi avevano creato lo stato fantoccio chiamato Repubblica Sociale Italiana (RSI) con a capo Mussolini. I militari della RSI nelle zone di questo Stato al confine nordorientale con la Jugoslavia erano sotto il comando diretto della Germania nazista. Fra questi militari ci fu anche il parmense, volontario, capitano del Battaglione dei bersaglieri “Mussolini”, Paride Mori. Anche a prescindere dalle circostanze precise in cui il Mori morì, se in combattimento coi partigiani o no, e a prescindere dai suoi ideali personali, poichè un conto è la moralità degli individui e un conto è la moralità delle cause (Bobbio), Mori ha fatto volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia. E la legge 92/2004 al comma 3 dell’art.3 esclude espressamente che possano avere il riconoscimento della Repubblica coloro che “facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia.
Questo è il motivo vero per cui a Paride Mori, fascista repubblichino volontario combattente sotto il comando della Germania nazista, non può essere attribuita l’onorificenza della Repubblica nata dalla Resistenza antifascista. Prima ancora che per il fatto di essere egli caduto in combattimento coi partigiani anzichè in un agguato come sostenuto da famigliari e amici. La Presidenza del Consiglio nel revocare la medaglia per Mori ha addotto il motivo della morte in combattimento anzichè non in combattimento. Ma la Presidenza del Consiglio dovrebbe addurre innanzitutto l’altro motivo, quello dell’essere stato, Mori, combattente al servizio della Germania nazista. Da questo punto di vista ci sarebbero probabilmente tante altre medaglie, alcune centinaia di medaglie, della Repubblica da revocare come quella attribuita a Paride Mori nel 2015.

Giovanni Caggiati

Parma, 26 aprile 2015
(pubblicato sulla Gazzetta di Parma del 4 maggio 2015)

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