Le nostre F.A.Q. (DOMANDE FREQUENTI)

ultima revisione:  9 febbraio 2022

  • 10 FEBBRAIO 1947

Giorno in cui fu sottoscritto il Trattato di Pace con cui l’Italia regolò i suoi conti e concluse le vertenze aperte con la Seconda Guerra Mondiale, specialmente riguardo alla Jugoslavia ed ai confini orientali. In quanto tale, ogni anno il 10 Febbraio dovrebbe essere un anniversario di festa; viceversa, lo Stato italiano lo ha reso per legge una data per tutte le recriminazioni (vedi: GIORNO DEL RICORDO).

  • ANPI E GIORNO DEL RICORDO

La posizione della Associazione Nazionale Partigiani d’Italia sulle questioni del Confine Orientale ed in particolare rispetto alla istituzione del GIORNO DEL RICORDO si è dimostrata debole, e le reazioni di fronte all’offensiva revisionista-revanscista appaiono contraddittorie. All’origine l’ANPI non espresse una contrarietà netta, evidentemente risentendo in questo dell’influenza del Partito Democratico i cui esponenti avevano partecipato al processo istitutivo (sin dall’incontro incontro Fini-Violante a Trieste nel 1998) fino a votare ad approvare il testo della Legge n.92/2004 contentandosi del fatto che esso contiene un accenno alla contestualizzazione nella “più complessa vicenda del confine orientale”.
Perciò, già nel primo decennio dalla istituzione le sezioni ANPI sono andate in ordine sparso, talvolta promuovendo iniziative fortemente critiche – cui hanno sovente partecipato anche collaboratori di Diecifebbraio.info – talaltra partecipando a incontri con esponenti dell’associazionismo revanscista istriano-dalmata nella logica della “memoria condivisa”. Quest’ultimo spirito è quello che sottende anche alla “pacificazione” promossa in Friuli attorno alla questione di Porzûs, per cui reduci partigiani garibaldini si sono incontrati con reduci combattenti “osovani”.
Solo nel 2015, a seguito dello scandalo scoppiato sul caso del repubblichino Paride Mori e quindi alla scoperta di centinaia di riconoscimenti assegnati a caduti che “facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia”, l’ANPI ha chiesto di sospendere gli effetti della Legge sul GIORNO DEL RICORDO. Viceversa i termini per i suddetti riconoscimenti sono stati prorogati per ulteriori 10 anni: di qui nel 2016 una lettera dell’allora presidente nazionale ANPI Carlo Smuraglia con richiesta di chiarimenti, in particolare, agli esponenti PD Del Rio e Serracchiani, lettera cui non è stata data alcuna risposta pubblica.
A dicembre 2016 il Comitato Nazionale ANPI approvava il documento “Il confine italo-sloveno. Analisi e riflessioni”, sintesi di un seminario interno organizzato per dipanare le questioni, nel quale però non si affronta la questione dei “premiati” né si contesta l’istituzione del GIORNO DEL RICORDO.
Nel 2018 la neo-presidente nazionale Carla Nespolo (tra l’altro co-firmataria di Lettera Aperta al MIUR pochi mesi prima) salutava il convegno di Torino “Giorno del Ricordo. Un bilancio”, oggetto di un attacco politico-giornalistico e del divieto di celebrazione in una sala comunale. Tuttavia nel 2019, con una svolta di 180°, la stessa Carla Nespolo criticava il convegno di Parma “Foibe e Fascismo”, quattordicesimo di una serie che per lunghi anni aveva sempre avuto la partecipazione dell’ANPI. Con questa presa di posizione della Nespolo inizia una fase di aperto distanziamento dell’ANPI dalle ricerche storiche che su questi temi hanno realizzato in particolare i collaboratori di Diecifebbraio.info.

Al congresso Anpi 2021-22 è stata presentata una proposta di OdG per la sospensione della legge sul “Giorno del ricordo”.

  • ANVGD

La Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia -ANVGD- si è caratterizzata nei decenni come una delle realtà associative degli “esuli” istriano-dalmati più apertamente irredentiste. Sorta dal raggruppamento di numerosi comitati locali operanti già prima del 1947, sin dalla sua nascita ha dichiarato superata la discriminante antifascista. Coerentemente a ciò ha annoverato tra i suoi presidenti personaggi come Libero Sauro (dal 1954 al 1963), comandante dopo l’8 settembre ’43 del Reggimento Istria della Milizia difesa Territoriale (l’equivalente della Guardia Nazionale Repubblicana della RSI), formazione di volontari al servizio dei nazisti nella Zona d’operazioni Litorale Adriatico, e Maurizio Mandel (nel 1955-56), medico, presunto criminale di guerra in Jugoslavia; e tra i suoi dirigenti Bruno Coceani, prefetto di Trieste di nomina nazista, Arturo De Maineri, segretario del Partito fascista repubblicano a Fiume durante l’occupazione nazista, e altri simili personaggi. Riccardo Zanella, ex Presidente dello Stato Libero di Fiume, la definì un “covo di fascisti, di squadristi, di collaboratori dei tedeschi, di picchiatori, di oppressori e di calunniatori di professione degli antifascisti” (Lettera di Riccardo Zanella al Presidente del Consiglio dei Ministri del 22.10.1947. Archivio Centrale dello Stato, Fondo Presidenza del Consiglio dei Ministri – Gabinetto, fasc. 1.6.1/25049/38). Lo Statuto associativo, fino al 2012, riportava testualmente: “II – SCOPI E FUNZIONI ; Art .2 L’Associazione (…) si propone di (…) compiere ogni legittima azione che possa agevolare il ritorno delle Terre Italiane della Venezia Giulia, del Carnaro e della Dalmazia in seno alla Madrepatria, concorrendo sul piano nazionale al processo di revisione del Trattato di Pace per quanto riguarda l’assetto politico di tali terre“. Oggi la ANVGD è la principale organizzazione dell’arcipelago degli “esuli” e svolge un ruolo egemone nelle iniziative connesse al Giorno del Ricordo, direttamente o nell’ambito della FEDERESULI (vedi).

  • BASOVIZZA, FOIBA DI

Principale esempio di falsificazione–esagerazione delle ricostruzioni storiche in merito a presunte violenze indiscriminate che sarebbero state commesse dai partigiani jugoslavi. In merito si leggano le smentite dei neozelandesi , la analisi di Claudia Cernigoi e la documentazione presente su questo sito.

  • CAMPI DI CONCENTRAMENTO ITALIANI

Il numero complessivo dei campi d’internamento distribuiti lungo l’intero territorio nazionale (…) raggiunse la cifra di 200 nel solo Regno d’Italia. (D. Conti: L’occupazione italiana dei Balcani, p.54).
Il numero dei prigionieri nei campi, nell’autunno 1942 ammontava a 89488. In base a documentazione incompleta, 149638 cittadini jugoslavi sono passati per i campi. (…) Solo per la Slovenia abbiamo una evidenza pressoché esatta: 67230 persone, di cui 50559 uomini, 2698 uomini anziani e 4282 bambini. Poiché la popolazione della parte di Slovenia sotto occupazione italiana ammontava a circa 360000 individui, questo significa che circa il 18% della popolazione fu imprigionata. (dal capitolo 6 del libro REPORT ON ITALIAN CRIMES AGAINST YUGOSLAVIA AND ITS PEOPLES).
Una vera e propria strage di civili si ebbe nel campo di Arbe/Rab, a causa delle condizioni disumane di internamento. Per ulteriori informazioni e dati sui vari campi si vedano i siti www.campifascisti.it e http://www.cnj.it/documentazione/campiconcinita.htm

  • CLN di Trieste

Prevale nella pubblicistica un intento di vittimizzazione del Comitato di Liberazione Nazionale -CLN- di Trieste, che sarebbe stato emarginato e perseguitato dagli antifascisti comunisti e sloveni. In realtà il CLN di Trieste, a causa delle sue posizioni nazionaliste italiane, si pose in contrasto frontale con le direttive del CLN Alta Italia (CLN-AI, l’organismo supremo della Resistenza in Italia) che ordinavano la collaborazione degli antifascisti italiani con le formazioni partigiane jugoslave nelle aree del confine orientale: cfr. sul nostro sito l’articolo LUCI ED OMBRE DEL CLN DI TRIESTE e tutti gli articoli con lo stesso tag.

  • COSSETTO, NORMA

Figlia di Giuseppe, possidente istriano, segretario del fascio a S. Domenica di Visinada, capomanipolo MVSN, già squadrista sciarpa Littorio, ed attivista lei stessa dei GUF. Le testimonianze sulla morte sono piene di incongruenze sulle modalità della esecuzione e lo stato in cui fu ritrovato il cadavere. Al suo nome venne poi intitolata, nel seguito della guerra, una Brigata nera femminile operante presso Trieste. Norma Cossetto è oggi universalmente trattata da “martire dell’italianità” e praticamente in ogni località italiana esiste un elemento di toponomastica o addirittura un monumento che la celebra. Ovviamente, è stata anche insignita dell’onorificenza prevista dalla Legge 92/2004 (vedi: GIORNO DEL RICORDO). Sul tema si veda il dossier pubblicato su questo sito.

  • CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI

La gran parte dei responsabili dei CRIMINI DI GUERRA ITALIANI (vedi) sono rimasti impuniti, sono passati indenni attraverso le vicende della II Guerra Mondiale e sono stati persino riciclati nel Dopoguerra in funzioni utili alla continuità dello Stato e alle strategie della NATO. Su questo tema raccomandiamo ad esempio la lettura dell’omonimo libro di Davide Conti.

  • CRIMINI DI GUERRA ITALIANI

L’esercito dell’Italia fascista aggredì ed occupò ampi territori della Jugoslavia a partire dal 6 aprile 1941. Nel corso della guerra, soldati regolari e Camicie nere si resero responsabili di incendi e distruzioni di villaggi, fucilazioni di massa, internamento di antifascisti e semplici civili in gran numero, causando una vera e propria “pulizia etnica” di alcune aree in Slovenia, Istria, Montenegro. Per una rassegna di questi crimini consigliamo di partire dalla mostra Testa per Dente, interamente disponibile su questo sito, e dalle fonti ivi riportate.

  • CUORE NEL POZZO

Sceneggiato di propaganda slavofoba prodotto dalla RAI nel 2004-2005: per una analisi rimandiamo a questo video.

  • “ESULI”

Il termine “esuli” per le persone di origine giuliana, istriana e dalmata che hanno abbandonato le loro terre natìe durante e dopo la II Guerra Mondiale è spesso usato in maniera impropria. Innanzitutto, l’emigrazione ha avuto molteplici ragioni (incluse quelle meramente economiche, tipiche del fenomeno di urbanizzazione) e non ha riguardato solo italiani ma anche sloveni e croati. Per quanto riguarda i fattori di carattere politico-ideologico, tra chi abbandonava la Jugoslavia c’erano: persone semplici, soggette alla propaganda anticomunista violentissima per la quale erano state attivate strutture di pressione apposite dal Governo italiano (es. Radio Venezia Giulia); anticomunisti convinti; persone accusate o timorose di essere sotto inchiesta per collaborazionismo; veri e propri criminali fascisti; nazionalisti-irredentisti. E non erano solo italiani: in quel periodo Trieste pullulava di sloveni, croati e serbi legati ai movimenti fascisti e nazisti delle loro terre, che avevano anch’essi perso la guerra. Non solo: tra gli esuli di lingua italiana vanno annoverati i tanti “regnicoli”, vale a dire quegli italiani non originari bensì trapiantati in Istria e Dalmazia solo da pochissimi anni, essenzialmente nel periodo tra le due guerre mondiali. Dal luglio 1948 in poi, al moto migratorio si unirono anche comunisti filosovietici: dopo la Risoluzione del Cominform se ne andarono infatti tanti lavoratori, rappresentanti della classe operaia delle città e dei porti costieri, come ad esempio i portuali di Pola.
In seguito al trattato di pace di Parigi, agli abitanti di Fiume, Istria e Dalmazia fu accordata la facoltà di scegliere in tutta onestà se accettavano la nuova sovranità jugoslava, o se preferivano andar via: per questo chi sceglieva di andarsene veniva tecnicamente definito optante, e non esule.
L’afflusso di decine e decine di migliaia di persone verso Trieste e di qui verso le destinazioni più disparate è durato molti anni, concentrandosi soprattutto tra il 1947 ed il 1954. Si parla di solito di circa 350mila istriano-dalmati che hanno abbandonato la loro terra in quel periodo, ma la cifra è inferiore: per una disamina esatta si rimanda all’articolo di Sandi Volk su questo sito.

  • FEDERESULI

Una “Federazione delle associazioni degli esuli dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia” è stata creata, contestualmente alla istituzione del GIORNO DEL RICORDO, come camera di composizione degli interessi delle diverse e spesso litigiose anime della lobby degli esuli – da quella della ANVGD (vedi), attualmente “moderata” benché fondata da accesi irredentisti, ai settori più estremisti e nostalgici come l’Unione degli Istriani –, e quindi come referente unico per la assegnazione dei lauti finanziamenti previsti dalla Legge n.92/2004.

  • FOIBE

E’ invalsa una accezione estensiva, per cui vengono dette “foibe” tutte le cavità o buche (non solo quelle naturali di origine carsica, cioè le “foibe” in senso stretto) in cui sarebbero stati frettolosamente sepolti cadaveri di persone uccise durante la II Guerra Mondiale nella regione giuliana e istriana. Vedi anche INFOIBATI.

  • GIORNO DEL RICORDO

Con la Legge n.92/2004 è stato fissato al 10 Febbraio di ogni anno il «Giorno del ricordo» “in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale”; la stessa ricorrenza è l’occasione per la “concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati” (vedi ONORIFICENZE). La data è stata scelta nell’anniversario della sottoscrizione del Trattato di Pace (vedi: 10 FEBBRAIO 1947) allo scopo di recriminare sullo stesso Trattato, di fatto scambiando aggrediti ed aggressori della II Guerra Mondiale e delegittimando i confini riconosciuti internazionalmente.

  • INFOIBATI

Locuzione utilizzata, in origine, per le vittime di guerra della zona giuliana e istriana ai cui cadaveri sarebbe stata data frettolosa sepoltura collettiva gettandoli nelle c.d. FOIBE (vedi); tuttavia la tendenza attuale della pubblicistica e della storiografia di Stato è quella di indicare genericamente come “infoibati” tutti e soli gli italiani scomparsi nella zona per eventi di guerra, che si ipotizza siano stati liquidati da antifascisti o da formazioni dell’Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia. In questo modo, di fatto, tra gli “infoibati” vengono impropriamente annoverate anche persone imprigionate e morte per malattia (es. tifo) o morte per responsabilità non partigiana o non determinata.
In sintesi, gli episodi di “infoibamento” sono suddivisibili in due categorie:
* “foibe istriane”: episodi di jaquerie popolare avvenuti in Istria subito dopo l’8 Settembre 1943, che nel giro di poche settimane hanno visto perire circa mezzo migliaio di persone;
* sparizioni da Trieste e Gorizia, avvenute alla fine della guerra (maggio 1945); in prevalenza (molte centinaia, soprattutto per quanto riguarda Gorizia) trattasi di ufficiali italiani arrestati, condotti in campi di internamento jugoslavi e poi fucilati oppure morti per cause naturali (malattia); una minoranza (poche decine) sono gli “infoibati” nelle foibe del Carso triestino – si vedano l’elenco stilato dall’Ispettore De Giorgi (1947) e i dettagli nel libro di C. Cernigoi. Si veda anche il caso di BASOVIZZA (vedi).

  • MAGAZZINO 18

Magazzino situato presso il porto di Trieste, dove gli emigranti da Istria e Dalmazia nel dopoguerra stoccavano i propri beni più ingombranti (spec. mobilio) in attesa di trovare per essi una collocazione.  Spesso tali oggetti sono stati definitivamente abbandonati in quel magazzino in quanto obsoleti e di trasporto troppo gravoso.
Da tale magazzino prende il nome la pièce teatrale scritta e interpretata dal noto cantante pop Simone Cristicchi, nella quale le vicende degli italiani di Istria e Dalmazia sono ripercorse con accenti vittimistici, usando una chiave di interpretazione slavofoba e ostile al movimento partigiano: si vedano le recensioni e i commenti su questo sito e nel libro Da Sanremo alle foibe.

  • ONORIFICENZE AGLI “INFOIBATI”

La “concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati” è prevista dalla Legge n.92/2004 che ha istituito il GIORNO DEL RICORDO (vedi). A dieci anni dall’entrata in vigore di tale legge erano state concesse e consegnate 838 medaglie con relativo diploma, con una alta percentuale di ripetizioni (spec. assegnazioni ripetute a parenti diversi) e la aperta sistematica violazione della stessa Legge che prescrive che non si possano assegnare per caduti che “facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia”. Ciononostante, nel 2016  i termini per le richieste da parte di qualsivoglia “congiunti fino al sesto grado” sono stati prorogati.
Solamente il sito Diecifebbraio.info ha  pubblicato una ricerca scientifico-statistica su queste attribuzioni (Elenco dei premiati per il GIORNO DEL RICORDO) la cui versione più recente (2018) totalizza 354 riconoscimenti dei quali: almeno 6 criminali di guerra conclamati, 9 Camicie Nere, almeno 61 non uccisi dai partigiani né dagli jugoslavi di cui 2 uccisi dai nazisti, meno di 40 recuperati da una qualche “foiba”. Si veda in merito l’articolo di Sandi Volk.

  • PARTIGIANI ITALIANI IN JUGOSLAVIA

Ha scritto Sandro Pertini, citando Giacomo Scotti: << La nascita del nuovo esercito italiano “inteso come esercito democratico antifascista e parte integrante della coalizione antihitleriana nella seconda guerra mondiale” deve essere anticipata (…) al 9 ottobre 1943, quando il Generale Oxilia, Comandante della Divisione di Fanteria da montagna “Venezia”, forte di dodicimila uomini, dette ordini alle sue truppe di attaccare i nazisti, coordinando le azioni militari con l’esercito popolare di liberazione della Jugoslavia. >> L’accordo tra il generale Gian Battista Oxilia e l’eroe nazionale jugoslavo Peko Dapčević fu stipulato presso Pljevlja, in Montenegro. Nei mesi successivi si unì anche la Divisione alpina «Taurinense» al completo, dando vita così alla Divisione Partigiana Italiana «Garibaldi», che nel 1945 rientrerà in Italia con poco più di cinquemila uomini, quasi tutti insigniti di Medaglie al Valore della Resistenza jugoslava. Si stima che più di 40mila soldati italiani ex occupanti si unirono formalmente ai partigiani jugoslavi, e circa 20mila perirono negli eventi bellici (fonti e approfondimenti).

  • PARTIGIANI JUGOSLAVI IN ITALIA

Molte migliaia di antifascisti jugoslavi, già internati sulla Penisola, hanno animato la Resistenza sul territorio italiano sin da subito dopo l’8 Settembre, non appena sfuggiti alla prigionia. I partigiani jugoslavi sono stati protagonisti assoluti in Umbria (i battaglioni “Tito” della Brigata Gramsci), nelle Marche (il battaglione “Stalingrado” della V Brigata Garibaldi Pesaro, le formazioni di Sarnano, di Roti, Massaprofoglio, eccetera) Le loro vicende sono passate in rassegna nel libro I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana.

  • PORZÛS

Malga sui monti della Slavia friulana, dove i partigiani “bianchi” della “Osoppo” furono giustiziati dalla formazione guidata da “Giacca” a seguito di gravi sospetti di collaborazionismo con il nemico nazista. La vicenda, molto complessa, è stata al centro di uno dei tanti processi anti-partigiani del dopoguerra, ed è costantemente strumentalizzata per demonizzare la componente comunista della Resistenza, accusata di essere “anti-italiana”. In proposito si vedano l’omonimo libro e l’articolo di Alessandra Kersevan.

  • RED LAND (ROSSO ISTRIA)

Film di propaganda slavofoba prodotto dalla RAI e andato in onda in prima serata su RAI3 l’8/2/2019: si vedano le recensioni.

  • “RIMASTI”

Dicesi degli istriani e dalmati di lingua e cultura italiana che hanno continuato ad abitare nella loro terra dopo la II Guerra Mondiale. Almeno 30mila, sono stati completamente ignorati o considerati con disprezzo in quanto “comunisti” al di qua dell’Adriatico, fino allo scioglimento della Jugoslavia, quando hanno cominciato ad essere vezzeggiati e strumentalizzati con finalità neo-irredentistiche. Su di loro si veda ad es. questo saggio.

  • UDOVISI, GRAZIANO

Pola 1925 – Reggio E. 2010. E’ il più celebre dei “sopravvissuti alla foiba”. Le diverse versioni del suo racconto, piene di particolari raccapriccianti ma anche di palesi incongruenze, nei decenni scorsi sono state oggetto di forti campagne mediatiche (la RAI lo ha premiato nel 2005 come “uomo dell’anno”). In realtà il giovane Udovisi dopo l’8 settembre 1943 si arruolò volontario nel 2° reggimento “Istria” della Milizia Difesa Territoriale, il corpo militare equivalente della Guardia Nazionale Repubblicana della RSI ma sottoposto alle dirette dipendenze del Terzo Reich nella Zona di Operazioni Litorale Adriatico. Si vantò di aver militato nel nucleo mobile “Mazza di Ferro” (formazione che seminò il terrore rastrellando partigiani per tutta l’Istria). A guerra finita, sapendo di essere ricercato, fuggì a Padova con documenti falsi, ma nell’agosto 1945 fu riconosciuto e arrestato. La sentenza della Corte d’assise straordinaria di Trieste del 30/09/46 (riprodotta integralmente in: Pol Vice, LA FOIBA DEI MIRACOLI. Indagine sul mito dei “sopravvissuti”, ed. KappaVu 2008, pp.190-196) condanò U. a tre anni di carcere per “avere, dopo l’8.09.43 … collaborato col tedesco invasore, favorendone i disegni politici”, in particolare di aver “imprigionato e barbaramente seviziato” tre partigiani, di cui uno morì. La condanna fu mite perché il giudice credette alla sua dichiarazione di essersi salvato da “una foiba istriana” con “un altro compagno…“.
Il libro citato presenta i risultati di un’approfondita ricerca collettiva che dimostra oltre ogni dubbio la falsità dei racconti di Udovisi e di altri presunti miracolati, rivela i retroscena della sua reale vicenda personale e ricostruisce puntualmente il contesto e i vari passaggi politici e mediatici dello sviluppo del mito dei sopravvissuti alle foibe. Si veda anche la nostra risposta a un libello del 2009 dove Udovisi viene (letteralmente) venerato come un santo..

  • VERGAROLLA

Località del litorale istriano, nei pressi di Pola, dove il 18 agosto 1946 una potente esplosione causò una strage. L’episodio ha sempre avuto dei connotati oscuri, essendo di volta in volta interpretato come un mero incidente (dovuto alla accidentale esplosione della catasta di esplosivi accantonati nei pressi) o un episodio di strategia della tensione mirato a terrorizzare la popolazione di lingua italiana per spingerla ad abbandonare la città. In quest’ultima versione la strage è attribuita talvolta agli Alleati talvolta agli Jugoslavi: in tempi recenti in Italia è attribuita solamente agli Jugoslavi, senza alcun elemento probante. In merito, su questo sito è disponibile il saggio di Claudia Cernigoi “Strategia della tensione in Istria“.

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