IL TRATTATO DI RAPALLO (1920)

 

 IL TRATTATO DI RAPALLO

12 NOVEMBRE 1920

“Il Regno d’Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, desiderando stabilire tra loro un regime di sincera amicizia e cordiali rapporti, per il bene comune dei due popoli ;
Il Regno d’Italia riconoscendo nella costituzione dello Stato vicino il raggiungimento di uno dei più alti fini della guerra da esso sostenuta ;
Sua Maestà il Re d’Italia ha nominato suoi Plenipotenziari:
Il cavaliere Giovanni Giolitti, Presidente del Consiglio dei ministri e ministro dell’interno ;
il conte Carlo Sforza, ministro degli affari esteri ;
il prof. Ivanoe Bonomi, ministro della guerra ;
Sua Maestà il Re dei Serbi, Croati e Sloveni ha nominato suoi Plenipotenziari
il signor Milenko R. Vesnitch, presidente del Consiglio dei ministri ;
il dott. Ante Trumbic, ministro degli affari esteri;
il signor Costa Stojanovitch, ministro delle finanze ;
I quali essendosi scambiati i loro pieni poteri, che sono stati riconosciuti validi, hanno convenuto quanto segue:

ARTICOLO I.

Fra il Regno d’Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni è stabilito il seguente confine dal monte Pec (quota 1511), comune alle tre frontiere fra l’Italia, l’Austria e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, fino al monte Jalowez (quota 2643) : una linea da determinare sul terreno con andamento generale nord-sud, che passi per la quota 2272 (Ponca) ; dopo il monte Jalovez (quota 2643) : una linea che segua lo spartiacque fra il bacino dell’Isonzo e quello della Sava di Vurzen fino al monte Tricorno (Triglav) (quota 2863); quindi lo spartiacque fra il bacino dell’Isonzo e quello della Sava di Wochein (Bokinj), fino alle pendici nord-orientali del monte Mosick (quota 1602), toccando le quote 2348 del Vogel, 2003 del Lavsevica, 2086 del Kuk ; dalle pendici nord-orientali del monte Mosic alle pendici orientali del monte Porzen (quota 1631): una linea da determinare sul terreno, con andamento generale nord-sud ; dalle pendici orientali del monte Porzen (quota 1631) alle pendici occidentali del monte Blegos (quota 1562) : una linea da determinare sul terreno, con andamento generale ovest-est, lasciando l’abitato di Dautscha al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e quello di Novake Dl. all’Italia; dalle pendici occidentali del monte Blegos (quota 1562) alle pendici orientali del monte Bevk (quota 1050): una linea da determinare sul terreno, con andamento generale nord-est sud-ovest, lasciando gli abitati di Leskovza, Kopacnica e Zavoden al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e i due passi di Podlaniscam all’Italia; dalle pendici orientali del monte Bevk (quota 1050) sino immediatamente ad ovest dell’abitato di Hotedrazica : una linea da determinare sul terreno, che lasci gli abitati di Javorjudol, Zirj, Opale, Hlevische, Rovte, Hotedrazica al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, il monte Prapretni (quota 1006) e gli abitati di Bresnik, Wrednik, Zavratec, Nedwedjeberdo all’Italia; quindi fino all’abitato di Zelse : una linea che dapprima costeggi ad ovest il fosso adiacente alla strada rotabile HotedrazicaPlanina, lasci quindi gli abitati di Planina, Unec, Zelse e Rakek al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni; dall’abitato di Zelse a Cabranska: una linea da determinare sul terreno, con andamento generale nord-ovest sud-est, che si svolga dapprima sulle falde orientali del monte Pomario (Javornik) (quota 1268), lasciando gli abitati di Dolenje Vas, Dolenje Jezero e Otok – al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e le alture di quote 875, 985, 963 all’Italia, quindi sulle falde orientali del Bicka Gora (quota 1236) e del Pleca Gora (quota 1067), attribuendo all’Italia l’abitato di Leskova Polina e i bivii stradali di quota 912 ad ovest di Skodnik e di quota 1146 ad est del Cifri (quota 1399), e raggiunga Cabranska, che rimarrà nel territorio italiano, insieme alla strada rotabile svolgentesi sulle falde orientali del monte Nevoso da Leskova Dolina a Cabranska ; da Cabranska al Griza (quota 502): una linea da determinare sul terreno, con andamento generale nord-est sud ovest, che passi ad oriente del monte Terstenico (Terstenik) (quota 1243), tocchi la quota 817 a sud-est di Suhova, passi a sud di Zidovje (quota 660), quindi ad est di Griza (quota 502), lasciando gli abitati di Clana e di Bresa all’Italia, e quello di Studenta al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni; da Griza (quota 502) al confine con lo Stato di Fiume : una linea da determinare sul terreno, che abbia andamento generale nordsud fino a raggiungere la rotabile Rupa-Castua circa a metà distanza fra Jussici e Spincici; tagli poscia detta strada e circondando ad occidente gli abitati di Miseri e Trinaistici, che restano al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, raggiunga la rotabile Mattuglie-Castua a monte del bivio ad oriente di Mattuglie, raggiunga quindi sulla strada Fiume-Castua il confine nord dello Stato libero di Fiume, e precisamente al margine settentrionale dell’abitato di Rubesi (bivio della carrareccia di Tomatici, 500 metri circa a sud dei trivio ad ovest di Castua).

Fino a quando però non saranno sistemati in territorio italiano i regolari raccordi stradali, l’uso delle rotabili suddette e del trivio ad ovest di Castua resterà di pieno e libero uso così del Regno d’Italia come dello Stato di Fiume.

ARTICOLO Il.

Zara e il territorio descritto qui di seguito sono riconosciuti come facenti parte del Regno d’Italia.
Il territorio di Zara di sovranità italiana comprende: la città e il comune censuario di Zara e i comuni censuari (frazioni) di Borgo Erizzo, Cemo, Boccagnazzo, e quella parte del comune censuario (frazione) di Diclo determinata da una linea che, partendo dal mare a circa 700 metri a sud-est del villaggio di Diclo, va in linea retta verso nord-est sino alla quota 66 (Gruc).
Una convenzione speciale stabilirà quanto attiene alla esecuzione d; questo articolo nei riguardi del comune di Zara e delle sue relazioni con il distretto e la provincia della Dalmazia, e regolerà i vicendevoli rapporti tra il territorio assegnato al Regno d’Italia e il resto del territorio finora facente parte dello stesso comune, distretto e provincia, appartenente al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, ivi compreso l’equo riparto dei beni provinciali e comunali, e relativi archivi.

ARTICOLO III.

Sono riconosciute del pari come facenti parte del Regno d’Italia le isole di Cherso e Lussin con le isole minori e gli scogli compresi nei rispettivi distretti giudiziari, nonchè le isole minori e gli scogli compresi nei confini amministrativi della provincia d’Istria, in quanto come sopra attribuita all’Italia, e le isole di Lagosta e Pelagosa con gli isolotti adiacenti.
Tutte le altre isole che appartenevano alla cessata Monarchia austro-ungarica sono riconosciute come facenti parte del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.

ARTICOLO IV.

Il Regno d’Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni riconoscono la piena libertà ed indipendenza dello Stato di Fiume e si impegnano a rispettarle in perpetuo.
Lo Stato di Fiume è costituito:
a) dal Corpus separatum, quale attualmente è delimitato dai confini della città e del distretto di Fiume ;
b) da un tratto di territorio già istriano, delimitato come segue
a nord : da una linea da determinare sul terreno che, partendo immediatamente a sud dell’abitato di Castua, raggiunga sulla strada S. Mattia-Fiume il limite del Corpus separatum, lasciando gli abitati di Serdoci e di Hosti al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e lasciando tutta la rotabile che, a nord della ferrovia, per Mattuglie ed il bivio di quota 377, ad ovest di Castua, conduce a Rupa, allo Stato di Fiume ; ad occidente : da una linea che da Mattuglie scenda al mare a Preluca, lasciando la stazione ferroviaria e la località di Mattuglie nel territorio italiano.

ARTICOLO V.

I confini dei territori di cui agli articoli precedenti saranno tracciati sul terreno da Commissioni di delimitazione composte per metà di delegati del Regno d’Italia e per metà di delegati del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. In caso di divergenze, sarà sollecitato l’arbitrato inappellabile del Presidente della Confederazione elvetica.
Per chiarezza e maggior precisione, è annessa al presente trattato una carta al 200.000, sulla quale è riportato l’andamento dei confini di cui agli articoli 1 e IV.

ARTICOLO VI.

II Regno d’Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni convocheranno una conferenza composta di tecnici competenti dei due
Paesi, entro due mesi dall’entrata in vigore del presente trattato. La detta conferenza dovrà, nel più breve termine, sottoporre ai due Governi precise proposte su tutti gli argomenti atti a stabilire i più cordiali rapporti economici e finanziari fra i due Paesi.

ARTICOLO VII.

II Regno dei Serbi, Croati e Sloveni dichiara di riconoscere a favore dei cittadini italiani e degli interessi italiani in Dalmazia quanto segue:
1°) Le concessioni di carattere economico fatte dal Governo e da enti pubblici degli Stati ai quali è succeduto il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, a società o cittadini italiani, o da questi possedute in virtù di titoli legali di cessione fino al 12 novembre 1920, sono pienamente rispettate, obbligandosi il Governo del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni a mantenere tutti gli impegni assunti dai Governi, anteriori.
2°) II Regno dei Serbi, Croati e Sloveni conviene che gli Italiani, pertinenti fino al 3 novembre 1918 al territorio della cessata Monarchia austro-ungarica il quale in virtù dei trattati di pace con l’Austria e con l’Ungheria e del presente trattato è riconosciuto come facente parte del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, avranno il diritto di optare per la cittadinanza italiana, entro un anno dall’entrata in vigore del presente trattato, e li esenta dall’obbligo di trasferire il . proprio domicilio fuori del territorio del Regno predetto. Essi conserveranno il libero uso della propria lingua ed il libero esercizio della propria religione, con tutte le facoltà inerenti a queste libertà.
3°) Le lauree o altri titoli universitari già conseguiti da cittadini del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni in università o in altri istituti di studi superiori del Regno d’Italia saranno riconosciuti dal Governo dei Serbi, Croati e Sloveni come validi nel suo territorio e conferiranno diritti professionali pari a quelli derivanti dalle lauree e dai titoli ottenuti presso le università e gli istituti di studi superiori del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
Formerà oggetto di ulteriori accordi quanto riguarda la validità degli studi superiori che vengano compiuti da sudditi italiani nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e da sudditi dei Regno dei Serbi, Croati e Sloveni in Italia,

ARTICOLO VIII.

Nell’interesse dei buoni rapporti intellettuali e morali dei due popoli, i due Governi stipuleranno quanto prima una convenzione, che avrà per fine di intensificare l’intimo sviluppo reciproco delle relazioni di cultura fra i due Paesi.

ARTICOLO IX.

Il presente trattato è redatto in due esemplari, uno in italiano, uno in serbo-croato.
In caso di divergenza farà fede il testo italiano, come lingua nota a tutti i Plenipotenziari.
In fede di che, i Plenipotenziari predetti hanno sottoscritto il presente trattato.

Fatto a Rapallo, il 12 novembre 1920.

GIOVANNI GIOLITTI
C. SFORZA
IVANOE BONOMI
MIL. R. VESNITCH
Dottor ANTE TRUMBIC
COSTA STOIANOVITCH

 

 

 


IL TRATTATO ITALO-JUGOSLAVO
(Rapallo, 12 Novembre 1920)
Per indurre l’Italia ad entrare in guerra contro gli Imperi Centrali, Gran Bretagna, Francia e Russia promisero con il Trattato di Londra (26 aprile 1915), oltre alla sistemazione di alcune pendenze coloniali  l’Alto Adige, Trieste e tutta l’Istria nonché buona parte della Dalmazia e della Carniola a popolazione prevalentemente slovena e croata (Fiume veniva invece assegnata come porto alla Croazia).
 Villa Spinola
Villa Spinola, in località San Michele di Pagana,
dove il 12 novembre 1920, venne firmato il
trattato fra l’Italia e la Jugoslavia
Il trattato di Londra si basava su una concezione della diplomazia rimasta ai tempi di Napoleone (quando si spostavano a piacimenti i popoli, salvo restando i diritti divini dei principi) e quindi come poteva conservare la sua validità nel 1918?
Il multiforme impero Austro-Ungarico si era disgregato, gli slavi del sud (serbi, croati, sloveni, montenegrini) cercavano faticosamente di costituirsi in nazione, il presidente Wilson aveva proclamato il principio dell’autodeterminazione dei popoli e della diplomazia aperta.
Alla Conferenza di Pace di Parigi (18 gennaio 1919) esplose quindi il dissidio tra gli italiani Orlando e Sonnino e il presidente americano; questi non accettava l’annessione italiana di Fiume e della Dalmazia e di una piccola parte dell’Istria.
Anche a causa di incomprensioni personali tra le parti non si riuscì a trovare un compromesso, cosicché Orlando e Sonnino abbandonarono la conferenza (24 aprile 1919).
I dissidi interni e l’instabilità politica dei due governi, disordini a Fiume provocati dalle truppe italiane e soprattutto l’occupazione della città da parte di D’Annunzio acuirono sempre più il dissidio; soltanto nel maggio del ’20 Nitti iniziò il riavvicinamento italo-jugoslavo, che fu poi portato a buon fine dall’ultimo governo Giolitti. Dopo accurate trattative e la mediazione franco-inglese, convennero a Rapallo Trumbic, Vesnic, Sforza e Bonomi (a trattative concluse giunse anche Giolitti); l’accordo finale non fu facile, e solo la sincera e sofferta dichiarazione di Sforza di essere disposto a sacrificare ogni sua popolarità e posizione personale ad una soluzione giusta ed equa purché Trumbic facesse altrettanto, ci ottenne Zara.
Il trattato dava all’Italia tutta l’Istria sino allo spartiacque, Zara e qualche isola del Quarnero, facendo di Fiume uno stato indipendente; si davano garanzie per gli altri pochi italiani di Dalmazia.
L’accordo mirava saggiamente non a strappare qualche lembo di terra ma fondare una stabile amicizia italo-jugoslava, a stabilire una collaborazione economica che ci avrebbe aperto il mercato dei Balcani ed eventualmente ad impedire una nuova spinta germanica verso sud. Eventi successivi annullarono rapidamente lo spirito e la pratica del trattato ma non totalmente.
Siglato nelle ovattate sale di Villa Spinola, a San Michele di Pagana, l’accordo prevede per la città di Fiume lo ‘status’ di città autonoma mentre vengono assegnate all’Italia Zara e l’Istria.
Giolitti
Il momento della storica firma di Giolitti
del trattato italo-jugoslavo di Villa Spinola alla
presenza del Presidente del Consiglio jugoslavo
Milenko Vesnic (al centro)
Quella rapallese fa capo alla nuova regolamentazione dei confini fra Italia e Jugoslavia (il nuovo Stato sorto sulle rovine dell’Impero Austro Ungarico), una questione postbellica alquanto spinosa, mentre a Sanremo, nelle sale del castello Devechan, si discute fra gli Alleati l’ammontare delle indennità dovute dai vinti ai vincitori.
Gabriele D’Annunzio, scrittore e poeta oltre che uomo d’azione di grande carisma, non riconosce però il patto di Rapallo e si rifiuta di sgomberare la città come ordinatogli dal generale Caviglia.
Alla fine D’Annunzio cede all’intimazione passando i poteri ad un governo provvisorio ma solo dopo la minaccia del generale italiano di bombardare Fiume.
 Giolitti e Ministri
Il  Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti
assieme ai Ministri Sforza, Bonomi
e al Generale Badoglio
A Rapallo le due delegazioni giungono il 7 novembre e, mentre quella italiana viene ospitata al New Casino Hotel (oggi Excelsior Palace Hotel), gli jugoslavi prendono alloggio all’Hotel Imperiale. Per l’Italia sono presenti il ministro degli Esteri Carlo Sforza e quello della Guerra, Bonomi, il senatore Salata, il capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Acton e il generale Badoglio. Manca il presidente del Consiglio, Giolitti, trattenuto a Roma da impegni di governo ma è solo un contrattempo. Egli sarà infatti a
Rapallo pochi giorni dopo per la firma del trattato.
La delegazione jugoslava è invece guidata dal Presidente del Consiglio Vesnic, accompagnato dal ministro degli Esteri Trumbic e da quello alle Finanze, Stojanovic.
A Villa Spinola (poi Pesenti) i lavori per definire le questioni Fiume e Dalmazia iniziano l’8 novembre e proseguono senza sosta intervallati da una breve visita di saluto alla delegazione italiana del sindaco di Rapallo, Lorenzo Ricci, accompagnato dai colleghi di giunta e dal consigliere provinciale Bontà.
La villa, in cotto, di stile inglese, era stata costruita ail’inizio del Novecento dal marchese Ugo Spinola ed ospitò più volte membri di Casa Savoia. Devastata dalle occupazioni militari successive all’8 settembre 1943, sarà ceduta, dopo l’ultima guerra, al duca Nicolino De Ferrari che la rimise in pristino, sostituendo al sommo del grande cancello il proprio stemma a quello degli Spinola. La villa è in territorio rapallese.
 Il Trattato venne siglato il 12 novembre 1920 alle 23 e 45 e con esso vennero attribuite all’Italia Zara e le isole di Cherso, Lussino, Lagosta e Pelagosa mentre le altre isole e la Dalmazia restarono al nuovo Regno di Jugoslavia con la ‘coda’  polemica della città di Fiume, con reazioni anche violente dopo essere stata dichiarata ‘Stato libero’.
La ratifica jugoslava del trattato di Rapallo porta la data del 22 novembre, quella italiana del 2 febbraio 1921.
Delegati italiani
Foto di gruppo per i delegati italiani presenti
alla conferenza italo-jugoslava
Il 10 aprile 1922 in occasione della Conferenza di Genova, i ministri italiani Facta e Schanzer si incontrarono a Rapallo con gli jugoslavi Vasic e Nincic per risolvere alcune questioni relative all’applicazione del trattato.
E’ curiosa la polemica di carattere strettamente locale che, per diversi anni, fece capo all’esatta ubicazione geografica del Trattato Italo-Jugoslavo.
 New Casino Hotel
La delegazione italiana, alloggiata al New Casino Hotel (nella foto) era guidata dal Ministro della guerra Bonomi,dall’Ammiraglio Acton e dal Generale Badoglio.
Quella jugoslava, ospitata all’Imperial Palace Hotel, comprendeva il Presidente del Consiglio Vesnic ed i Ministri Trumbic e Stojanovic
Alcuni giornali dell’epoca individuarono la sede dello storico incontro in Santa Margherita Ligure con la protesta delle autorità politiche rapallesi delle quali si fece portavoce anche un periodico locale, ‘Il Mare‘.
Per la tranquillità dei rapallesi il conte Sforza il 13 novembre, al momento di lasciare la cittadina rivierasca, rassicurò il sindaco Ricci confermandogli che l’accordo avrebbe preso il nome di ‘Trattato di Rapallo’, un’affermazione poi supportata dall’invio di una copia dello storico documento con lettera autografa datata
17 novembre 1920.
Non fu il solo segno di apprezzamento: il Presidente del Consiglio jugoslavoVesnic inviò infatti una lettera di ringraziamento al Sindaco per l’accoglienza ricevuta assieme ad un’offerta di 2.500 lire da destinare in beneficenza.

 

cfr: Barni L., Storia di Rapallo e della gente del Tigullio, Genova, 1981
Benatti P.L., Carta E.,’Il Convegno e i Trattati di Rapallo’, Rapallo, 2000

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