LE MEDAGLIE PER GLI INFOIBATI

LE MEDAGLIE PER GLI INFOIBATI

BREVE ANALISI DELLA LEGGE ISTITUTIVA DEL RICONOSCIMENTO AGLI INFOIBATI

da La Nuova Alabarda, giugno 2007
http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-le_medaglie_per_gli_infoibati.php

La legge 30 marzo 2004, n. 92, approvata alla quasi totale unanimità dal parlamento italiano ha istituito il “Giorno del Ricordo” in memoria “delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale”; all’interno di questa legge l’art. 3 sancisce quanto segue:
“1. Al coniuge superstite, ai figli, ai nipoti e, in loro mancanza, ai congiunti fino al sesto grado di coloro che, dall’8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, in Dalmazia o nelle province dell’attuale confine orientale, sono stati soppressi e infoibati, nonché ai soggetti di cui al comma 2, è concessa, a domanda e a titolo onorifico senza assegni, una apposita insegna metallica con relativo diploma nei limiti dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 7, comma 1.
2. Agli infoibati sono assimilati, a tutti gli effetti, gli scomparsi e quanti, nello stesso periodo e nelle stesse zone, sono stati soppressi mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati. Il riconoscimento può essere concesso anche ai congiunti dei cittadini italiani che persero la vita dopo il 10 febbraio 1947, ed entro l’anno 1950, qualora la morte sia sopravvenuta in conseguenza di torture, deportazione e prigionia, escludendo quelli che sono morti in combattimento.
3. Sono esclusi dal riconoscimento coloro che sono stati soppressi nei modi e nelle zone di cui ai commi 1 e 2 mentre facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia”.
L’insegna metallica, viene poi specificato, è “in acciaio brunito e smalto”, e porta la scritta “La Repubblica italiana ricorda”.

In seguito alle domande presentate nel corso del 2004 e del 2005, il 10/2/06 furono attribuite 26 onorificenze. Sul quotidiano triestino “Il Piccolo” del 9/2/06 è stato pubblicato l’elenco di 26 nominativi i cui familiari hanno ricevuto la targa con la scritta “La Repubblica italiana ricorda”. Prima di entrare nel merito dell’elenco, però, è necessario fare un breve inquadramento storico.
Dopo l’8 settembre 1943 l’Istria, la Dalmazia e le province dell’attuale confine orientale (cioè le province di Trieste e Gorizia) facevano parte del territorio dell’Adriatisches Küstenland (territorio staccato dall’Italia ed annesso al Reich germanico dal 10/9/43, che comprendeva le allora province di Trieste, Gorizia, Pola e Carnaro, più una parte del Friuli), dove, tutte le forze armate erano sottoposte al diretto comando germanico.
A questo proposito citiamo una ordinanza emessa dal “quartier generale del Führer” in data 10/9/43: “Gli Alti commissari nella zona d’operazione Litorale Adriatico, consistente nelle province del Friuli, di Gorizia, di Trieste, dell’Istria, di Fiume, del Quarnero, di Lubiana (…) ricevono le istruzioni fondamentali per lo svolgimento della loro attività da me”. Firmato Adolf Hitler (questo documento si trova nel Quaderno della Resistenza n.6, pubblicato dall’ANPI del Friuli-Venezia Giulia nel 1995, dal titolo “Giovane amico lo sapevi che…- Documenti di un drammatico periodo storico dedicati a quanti non li conoscono ed a quanti fingono di non conoscerli”).
Quindi (ciò va specificato a proposito del terzo comma dell’articolo 3 della legge di cui sopra) nel territorio del Küstenland nessun militare era “a servizio dell’Italia”, neppure dell’Italia della golpista Repubblica di Salò, in quanto dipendeva più o meno direttamente da Hitler.
I corpi armati che funzionarono all’epoca del Küstenland erano la Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale (MVSN, un corpo composto da squadristi inquadrati nell’esercito, trasformata nelle cosiddette “Camicie Nere”); la Milizia Difesa Territoriale (MDT), che era il corrispettivo della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana) nelle nostre zone. Oltre ai vari corpi dell’esercito, anche la Pubblica Sicurezza (PS, che all’epoca non era corpo civile ma militare), la Guardia di Finanza (GDF, della quale solo negli ultimi giorni di guerra alcuni reparti furono posti a disposizione del CLN triestino), e la successivamente istituita Guardia Civica erano sottoposte direttamente al Reich. L’arma dei Carabinieri ha una storia a parte: fu sciolta per ordine del Reich con decorrenza 25/7/44, ed i militi furono messi di fronte alla scelta di aderire ad uno dei corpi collaborazionisti o essere deportati in qualche lager germanico (molti furono coloro che, pur di non essere incorporati nelle forze armate germaniche, preferirono la deportazione e pagarono con la vita questa loro fedeltà all’Italia). Di fatto, quindi, chi era rimasto in zona dopo lo scioglimento dell’Arma poteva essere solo un ex carabiniere inquadrato in qualche altra formazione militare.
Due parole infine a proposito del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) triestino, che era fuoriuscito dal CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia), poiché non voleva sottostare alle direttive di questo che imponevano una collaborazione con l’Osvobodilna Fronta-Fronte di Liberazione collegato con l’Esercito di Liberazione Jugoslavo.

Di seguito l’elenco dei nominativi premiati nel 2006: noi vi abbiamo aggiungo luogo e periodo di scomparsa (non risultante dall’elenco del “Piccolo”) e di seguito quanto siamo riusciti a ricostruire del ruolo da loro ricoperto in vita. Abbiamo tratto i dati dai seguenti testi: “Caduti, dispersi e vittime civili dei comuni della Regione Friuli-Venezia Giulia nella Seconda guerra mondiale”, a cura dell’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione, volumi relativi alle province di Trieste e di Gorizia; “Albo d’Oro”, di Luigi Papo, “Pola, Istria, Fiume 1943-1945” di Gaetano La Perna; inoltre da documenti conservati nell’Archivio di Stato di Lubiana (riferimento archivistico As 1584 zks ae 141) e dalla stampa, sia dell’epoca, sia contemporanea. Se nel redigere questi dati abbiamo commesso degli errori ce ne scusiamo, ma purtroppo ricostruire fatti storici con il solo ausilio di nome e cognome non è per nulla facile.

BRUNO Luigi, Fiume 1945.
Guardia scelta di PS, fucilato a Grobnico (presso Fiume) il 16/6/45 (Papo).
CASADIO Alfredo, Trieste 1945.
MDT, scomparso, deportato a Lubiana. Papo scrive che fu arrestato il 3/5/45 nella caserma di via Cologna: ricordiamo che in via Cologna aveva sede l’Ispettorato Speciale di PS, corpo di polizia politica noto per l’efferatezza dei metodi di repressione; tale circostanza risulta anche dalla documentazione comprendente atti dell’OZNA conservata a Lubiana presso l’Archivio di stato (As 1584 zks ae 141).
CERNECCA Giuseppe, Istria 1943.
Vicesegretario comunale di Gimino, scomparso.
COSSETTO Giuseppe, Istria 1943, infoibato a Treghelizza.
Possidente, segretario del fascio a S. Domenica di Visinada (La Perna). Capomanipolo MVSN, squadrista sciarpa Littorio (necrologio sul Piccolo 23/11/43).
COSSETTO Norma, Istria 1943, infoibata a Villa Surani.
“Giovane vita tutta dedicata allo studio e alla Patria”, leggiamo nel necrologio apparso sul “Piccolo” del 16/12/43. La vicenda di Norma Cossetto è però controversa. La giovane, figlia di Giuseppe Cossetto, possidente istriano, nonché gerarca fascista, faceva parte ella stessa di diverse organizzazioni giovanili fasciste, amava le armi, insegnava, nonostante non fosse ancora laureata, nelle scuole italianizzate dell’Istria croata, girava l’Istria, in piena guerra e repressioni nazifasciste, per raccogliere dati per la sua tesi di laurea intitolata “L’Istria rossa”, specificando chiaramente che il colore rosso derivava dalla bauxite, e non certo dalle idee politiche dei suoi abitanti. Delle sevizie cui sarebbe stata sottoposta l’unica “testimonianza” che viene citata è quella di una donna, della quale non viene mai fatto il nome, che avrebbe visto, dall’interno della propria casa in cui stava nascosta con le finestre sbarrate, quello che accadeva nella scuola di fronte a casa sua, anch’essa con le finestre chiuse. Dal verbale redatto dal maresciallo Harzarich dei Vigili del Fuoco di Pola, che aveva diretto i recuperi dalle foibe istriane, il corpo della giovane non appare essere stato oggetto delle mutilazioni di cui parlano le “cronache”, né sarebbe stato possibile stabilire, con le conoscenze mediche dell’epoca, se fosse stata violentata prima di essere uccisa.
GIULIANO Isidoro, Trieste 1945.
GDF arrestato nella caserma di Campo Marzio, internato a Borovnica e scomparso.
Da varie testimonianze appare che le guardie di finanza di Campo Marzio non erano state notiziate dai loro superiori che la formazione era stata messa a disposizione del CLN triestino, quindi al momento in cui la IV Armata jugoslava arrivò a Trieste, essi spararono contro di essa assieme ai militari germanici che erano accasermati nella stesso edificio. In conseguenza di questo gli jugoslavi arrestarono una settantina di finanzieri, che furono poi internati a Borovnica, dove diversi morirono per un’epidemia di tifo.
GUARINI Pasquale, Gorizia 1945.
CC, arrestato 2/5/45; Papo scrive che nel novembre ‘45 lavorava in fabbrica a Sebenico.
MAINES Guido.
Non abbiamo trovato questo nome in nessuno dei testi da noi consultati.
MOLEA Domenico, Trieste 1945.
GDF, arrestato nella caserma di via Udine 1/5/45. “Il 16/5/45 trovavasi a Postumia e poi a San Vito di Vipacco, da dove si sono perdute le sue traccie” (As 1584 zks ae 141).
MUIESAN Domenico, Trieste 1945.
“Mio padre era irredentista, legionario fiumano, volontario della guerra d’Africa, di sentimenti fascisti insomma” (la figlia Annamaria Muiesan intervistata da Luca Tron, su “La Nazione”, 11/2/96).
“Squadrista delle squadre d’azione a Pirano – violenze” leggiamo nei documenti conservati presso l’Archivio di stato di Lubiana, tra le risposte dell’Ufficio del pubblico accusatore a richieste di informazioni sugli arrestati nei “40 giorni” (elenco nominativo inviato dall’ACDJ nel dicembre 1945, situazione alla data 17/12/45, conservato in As 1584 zks ae 141), dove leggiamo anche che fu “arrestato a Trieste 12/5/45 da due Guardie del Popolo e portato a Pirano, poi alle carceri di Capodistria”.
NARDINI Guido, Gorizia 1945.
Perito industriale, arrestato assieme al fratello Vittorio, scomparso.
NARDINI Vittorio, Gorizia 1945.
Fotografo, arrestato assieme al fratello Guido, scomparso.
NARDINI Mario, Trieste 1945.
“Capitano della milizia” (As 1584 zks ae 141), cioè della MDT; già XI Legione MACA, secondo lo Stato civile; “tribuno” in Papo; sarebbe stato internato a Prestranek e scomparso.
PATTI Egidio, Trieste 1945. Sembra essere stato infoibato presso Opicina.
Vice brigadiere del 2. Reggimento MDT “Istria” (Papo); “squadrista, MVSN, PFR, GNR, rastrellamenti” (As 1584 zks ae 141).
POCECCO Giovanni, Istria 1945.
Milite del 2. Reggimento MDT “Istria”, ucciso a Portole il 25/4/45 (La Perna); secondo Papo le circostanze della morte sono identiche, però lo mette come “civile”.
POLONIO BALBI Michele, Fiume 1945.
“Sottocapo manipolo del 3. Reggimento MDT “Carnaro”, scomparso 3/5/45 (a Fiume l’esercito jugoslavo arrivò il 3 maggio, quindi potrebbe essere “morto in combattimento”).
“Sottotenente carrista con la Divisione Ariete in Africa. Rientrato ferito dall’Africa. Dopo l’8 settembre fu destinato quale comandante al Comando Tappa presso la Caserma di finanza “Macchi” di Fiume (ciò risulta dall’elenco di fiumani caduti allegato alla proposta di legge presentata dal deputato di AN Roberto Menia per la concessione all’Associazione “Comune di Fiume in esilio” della medaglia d’oro al “valor militare” alla memoria dei suoi cittadini che in guerra e in pace hanno servito la Patria, Atti parlamentari XIII legislatura, Camera dei deputati n. 1565).
PONZO Mario, Trieste 1945.
Colonnello del Genio Navale, poi inquadrato nel Corpo Volontari della Libertà, l’organizzazione armata del CLN triestino. Fu arrestato assieme agli altri ufficiali di marina Luigi Podestà ed Arturo Bergera che avevano organizzato, all’interno del CLN triestino, un’attività di spionaggio in collaborazione con il commissario Gaetano Collotti, dirigente nonché noto torturatore dell’Ispettorato Speciale di PS, così riassunta dallo storico Roberto Spazzali: “Podestà avrebbe passato a Collotti tutte le informazioni sul movimento partigiano slavo e il poliziotto lo avrebbe agevolato nei suoi compiti” (“…l’Italia chiamò”, Libreria Editrice Goriziana 2003). Podestà e Bergera rimasero in carcere a Lubiana un paio d’anni, poi furono rilasciati; il colonnello Ponzo morì in prigionia.
RADIZZA Salvatore, Dalmazia 1943.
Papo scrive che si tratta di un operaio ucciso a Meleda nel cimitero dopo l’8/9/43.
SCIALPI Gregorio, Trieste 1945.
GDF, arrestato nella caserma di Campo Marzio, internato a Borovnica e scomparso in prigionia.
STEFANUTTI Romeo, Istria 1945.
Milite del 2. Reggimento MDT “Istria”, “ucciso dagli slavi nel maggio ‘45 nei pressi di Pisino” (Papo).
VERDELAGO Ervino.
Anche questo nominativo non l’abbiamo trovato nei testi analizzati.
VOLPI Ario Dante, Gorizia 1945.
“Aviere RSI prelevato dagli slavi a Gorizia il 13/5/45 e scomparso” (Papo).
VOLPI Renato, Istria 1943.
Leggiamo sul “Piccolo” del 15/11/43: “volontario in Grecia, in Russia e sul fronte dell’Italia meridionale”; ventunenne, era rientrato in Istria dopo avere saputo della morte del padre Edmondo, oste, “ucciso dai ribelli”, ed era stato “catturato ed ucciso”. Papo invece scrive: “Milite 9^ legione Camicie nere, ucciso in prigionia dagli slavi 4/10/43”.
ZAPPALÀ Alfio, Fiume 1945.
CC arrestato 13/5/45, scomparso.
ZAPPETTI Riccardo, Istria 1943.
Falegname da Montona infoibato a Gallignana.
ZAPPETTI Rodolfo, Istria 1943.
Capo cantoniere da Montona infoibato a Gallignana.

Più difficile reperire invece i nomi dei premiati del 2007: sulla stampa apparve la notizia che erano state attribuite 350 onorificenze, ma un elenco completo dei nomi non siamo riusciti a trovarlo da nessuna parte (non ci sembra sia stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, né si trova nei siti istituzionali del Governo e della Presidenza della Repubblica). Tramite ricerche in Internet e sulla stampa locale siamo riusciti a ricostruire un elenco, logicamente parziale, di 125 nominativi di “premiati”. Per far comprendere la difficoltà di questa ricerca dobbiamo spiegare che le premiazioni avvenivano tramite le Prefetture, ed è dai siti delle Prefetture che abbiamo tratto i dati (per motivi di tempo non abbiamo cercato nei siti di tutte le Prefetture), però i nomi che vengono indicati sono spesso solo quelli dei parenti che hanno ritirato la medaglia e non sempre c’è il nome del deceduto, del quale mancano del tutto, inoltre, i dati relativi alla data ed alla causa di morte, nonché della qualifica.
Solo per i “premiati” al Quirinale abbiamo una nota Ansa del 10/2/07 che riporta i nomi delle “vittime delle foibe” con alcuni dati personali ed i nomi dei parenti che hanno ritirato l’onorificenza. Di seguito l’elenco con le nostre annotazioni.

ADAMO Emilio, Gorizia 1945.
PS arrestato maggio 1945, scomparso.
BURICCHI Gino, Fiume 1945
PS, arrestato maggio 45 scomparso
COSTA Ermenegildo, Zara 1944.
“Custode della Banca dalmata, militarizzato”, arrestato novembre 1944, scomparso. Secondo Papo faceva parte di un gruppo di abitanti di Borgo Erizzo che furono condannati a morte dal Tribunale militare jugoslavo e fucilati.
FARINATTI Antonio, Parenzo 1943
GDF, presumibilmente infoibato a Vines.
FOGAGNOLO Luigi, Gorizia 1945.
Capostazione, arrestato maggio 1945, scomparso.
GALANTE Giuseppe, Trieste 1944.
“Bigliettaio tranviario, scomparso settembre 1944 a Trieste, resti trovati nel 1959 in una foiba presso Padriciano”. In realtà era milite dell’MDT e fu catturato dai partigiani in un’azione di guerra nel 1944 presso Padriciano.
GALANTE Pietro, Visinada 1943.
Agricoltore, scomparso settembre 1943.
GIANA Andrea, Gorizia 1945.
“presidente associazione commercianti Gorizia, arrestato 3/5/45, scomparso”
HODL Enrichetta, Fiume 1945.
“studentessa”, arrestata giugno 1945, scomparsa.
LUCIANI Bruno, Trieste 1945.
PS, arrestato maggio 1945, scomparso.
LUXARDO Nicolò, Zara 1944.
Industriale, arrestato novembre 1944, “annegato” assieme alla moglie.
LUXARDO Pietro, Zara 1944.
Fratello del precedente, già prefetto di Zara, arrestato novembre 1944, “annegato”.
MORASSI Giovanni, Gorizia 1945.
Vice podestà e presidente della provincia di Gorizia, arrestato maggio 1945, scomparso.
QUERINCIS Ottavio, Gorizia 1944.
Autista per la società telefonica, scomparso durante un’azione partigiana presso Duttogliano nell’aprile 1944.
RAUNI Antonio, Fiume 1945.
PS, arrestato maggio 1945, scomparso.
ROSSARO Giorgio, Gorizia 1945.
Ufficiale sanitario a Gorizia, arrestato maggio 1945, scomparso.
SABADIN Stefano, Pola 1943.
Arrestato settembre 1943, scomparso.
SALATA Domenico, Orsera 1945.
Arrestato maggio 1945, scomparso.
SERRENTINO Vincenzo, Trieste 1945.
“Ultimo prefetto di Zara italiana”, arrestato a Trieste maggio 45, condannato a morte e fucilato a Sebenico 15/5/47. Faceva parte del Tribunale speciale per la Dalmazia, di cui parleremo più avanti.
SINCICH Giuseppe, Fiume 1945.
Agente immobiliare, arrestato maggio 1945, fucilato.
SORGE Marco, Gorizia 1945.
CC arrestato maggio 1945, scomparso. Secondo Papo “figura anche come maresciallo PS”, quindi potrebbe essere stato uno dei carabinieri poi inquadrati in altri corpi militari.
TOFFETTI Domenico, Trieste 1945.
Già interprete per i tedeschi, arrestato maggio 1945, resti recuperati dall’abisso Plutone.

Tornando alle modalità di attribuzione dei riconoscimenti aggiungiamo alla mancanza di trasparenza il fatto eclatante che i parenti dei “premiati” di Udine hanno richiesto ed ottenuto che, per “motivi di privacy”, i nominativi dei loro congiunti non fossero resi noti. Il fatto che non sia possibile avere un elenco ufficiale dei premiati, con la specificazione delle qualifiche, della data e causa di morte ci sembra una procedura non del tutto corretta: se la legge prevede che non possano ricevere l’onorificenza persone che hanno rivestito ruoli specifici bisogna pur essere in grado di verificare se le persone premiate non rientravano in qualche criterio di esclusione.
Del resto, se si chiede un’onorificenza per un proprio congiunto e questa viene concessa, non si comprende perché mai la cittadinanza deve restarne all’oscuro, è come se ci si vergognasse di quanto si è chiesto ed ottenuto, invece di averne motivo di orgoglio.
Entrando poi nel merito delle premiazioni abbiamo trovato incomprensibile che ben 4 nominativi di premiati nel 2006 siano stati nuovamente premiati nel 2007; e che, dato che il premio viene conferito al congiunto che ne ha fatto richiesta, è accaduto che altri 6 nominativi siano stati premiati due volte in quanto la medaglia è andata a due parenti. Particolarmente degno di nota a questo punto il caso di Scialpi Gregorio che risulta tre volte nell’elenco dei premiati, una volta nel 2006 e due volte nel 2007, in due distinte Prefetture (Lecco e Cagliari), anche se nel caso specifico la parente che ha ricevuto il premio è sempre la stessa.
Si diceva prima che questo “anonimato” con il quale sono state gestite le modalità della premiazione impedisce di valutare se le modalità siano state congrue o no alla disciplina di legge. Come abbiamo visto nel breve elenco di premiati del 2006, almeno per qualcuno di essi dei dubbi di legittimità dovrebbero porsi.

Invece un caso decisamente chiaro di premio che, sempre da nostre valutazioni, non avrebbe dovuto essere attribuito, è quello conferito all’ex membro del Tribunale speciale della Dalmazia Vincenzo Serrentino (vedi più in basso), che fu condannato a morte e fucilato da un tribunale jugoslavo nel 1946. Uno dei suoi a latere era quel Pietro Caruso che fu fucilato a Roma nel 1944 come criminale di guerra.
Serrentino era stato denunciato dalla Jugoslavia come criminale di guerra per il modo in cui era gestito il Tribunale del quale faceva parte, che comminava condanne a morte con una facilità ritenuta eccessiva anche dagli stessi militari italiani. Leggiamo nel sito www.criminidiguerra.it quanto scritto dal “Procuratore militare in Dalmazia, ten. generale della Giustizia Militare Umberto Maranghini, in una sua relazione (acquisita dalla Commissione d’inchiesta per i presunti criminali di guerra)” che “definisce questo tribunale come arbitrario sia nella legittimità formale sia nel funzionamento e sostiene che la difesa dell’imputato vi era facoltativa: “Esso girava per la Dalmazia, e dove si fermava le poche ore strettamente indispensabili per un frettoloso giudizio, pronunciava sentenze di morte; e queste erano senz’altro eseguite. Il suo presidente pare fremesse d’impazienza per aver gente da giudicare (“Prefetto, non avete da mandarmene altri?” aveva telefonato un giorno, sedendo a Spalato, a quel Prefetto, che mi riferì il truce aneddoto) né sembra ne avesse mai abbastanza (a Cattaro, a un Colonnello, che credo comandasse quel presidio, fece una partaccia, perché gl’imputati erano soltanto sei e, mi diceva questo colonnello, ancora stupefatto, il presidente gli aveva gridato che lui, per meno di dieci uomini non si muoveva; e non vorrei essere inesatto specificando che, come pur mi sembra, non alludesse a dieci imputati, ma a dieci fucilazioni)”.

Abbiamo redatto queste brevi note come spunto per una ricerca più approfondita e per rendere l’idea di come venga gestita la memoria storica nel nostro Paese. Fermo restando il dolore personale per la perdita di una persona cara, non riusciamo però a comprendere perché questo legittimo dolore debba essere trasformato a livello istituzionale in un riconoscimento anche a persone che non avrebbero, a norma di legge, diritto di averlo. D’altra parte concedere riconoscimenti di questo tipo ha chiaramente solo un valore demagogico, perché non si comprende quale differenza vi sia tra l’autista delle Telve morto durante un’azione partigiana solo perché ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato e non dare altrettanti riconoscimenti anche a tutte le vittime dei bombardamenti, delle deportazioni e delle rappresaglie nazifasciste.
Ma la cosa più sconcertante è, a parer nostro, un particolare che non sembra essere stato colto da nessuno. Il secondo comma dell’art. 3 della legge che analizziamo sancisce che sono “assimilati agli infoibati” tutti gli scomparsi e quanti, dall’8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, in Dalmazia o nelle province dell’attuale confine orientale sono stati soppressi mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati. Dato che non si specifica che deve trattarsi di massacri od altro operati da partigiani o dall’esercito jugoslavo, per assurdo che possa sembrare, tutti i parenti delle vittime del nazifascismo, dei caduti nelle nostre terre, uccisi alla Risiera di San Sabba o deportati nei lager, fucilati o impiccati per rappresaglia, potrebbero chiedere (e, a rigor di legge, se non facevano “volontariamente” parte di “formazioni non a servizio dell’Italia”, anche ottenere) la targhetta di bronzo con la scritta “La Repubblica italiana ricorda”.
Visto che non c’è nessun altro articolo di legge che preveda un ricordo ufficiale per le vittime della guerra in via generale, sembra che l’unico modo che qualcuno ha di far ricordare il proprio parente sia quello di spacciarlo per “infoibato”.
Davvero una situazione grottesca che non fa onore né ai caduti, di ogni tipo, né a chi ha promulgato ed ora applica questa legge.

Giugno 2007

 


A proposito di onorificenze agli “infoibati”…


… uno dei “premiati” è Vincenzo Serrentino, con queste motivazioni:

 

Ultimo prefetto di Zara italiana, recatosi a Trieste per continuare ad espletare la sua attività istituzionale di Capo della provincia, venne ivi arrestato il 5 maggio 1945 dai partigiani titini. Fu poi deportato ed imprigionato in varie carceri della Croazia. Fu condannato a morte per fucilazione a Sebenico (Dalmazia) il 15 maggio 1947.

 

Nel sito Crimini di guerra www.criminidiguerra.it/TribunaleStraDalm.shtml

troviamo il seguente testo in proposito:

 

Il Tribunale Straordinario della Dalmazia

Venne istituito con ordinanza n. 34 dell’11 ottobre 1941 dal Governatore Giuseppe Bastianini

Era composto da tre militari:

Generale  MAGALDI Gherardo (presidente)

Ten.Col.  SORRENTINO Vincenzo

Ten.Col.  CARUSO Pietro.

Il sottotenente Centonze Francesco era il pubblico ministero.

Questo tribunale doveva essere mobile, ovvero di spostarsi nei vari luoghi dove occorreva processare dei sospetti ribelli, in modo da svolgere i procedimenti giudiziari ed emettere le sentenze in tempi brevissimi.

Un precedente lo si può trovare nel corso della campagna di riconquista della Cirenaica una decina di anni prima. Lo stesso gen. Graziani ricordava come “la Giustizia scende dal cielo“, quando atterrava l’aereo che trasportava il tribunale volante pronto a giudicare sommariamente i cittadini libici colpevoli di non accettare l’occupazione italiana.

Venne accusato dalla Commissione di Stato jugoslava di avere emesso numerose condanne a morte e all’ergastolo, senza prove oggettive a carico degli imputati.

Conferme a queste accuse erano arrivate anche da parte italiana; il Procuratore militare in Dalmazia, ten. generale della Giustizia Militare Umberto Maranghini, in una sua relazione (acquisita dalla Commissione d’inchiesta per i presunti criminali di guerra), definisce questo tribunale come arbitrario sia nella legittimità formale sia nel funzionamento e sostiene che la difesa dell’imputato vi era facoltativa: ”Esso girava per la Dalmazia, e dove si fermava le poche ore strettamente indispensabili per un frettoloso giudizio, pronunciava sentenze di morte; e queste erano senz’altro eseguite. Il suo presidente pare fremes se d’impazienza per aver gente da giudicare (“Prefetto, non avete da mandarmene altri?” aveva telefonato un giorno, sedendo a Spalato, a quel Prefetto, che mi riferì il truce aneddoto) né sembra ne avesse mai abbastanza (a Cattaro, a un Colonnello, che credo comandasse quel presidio, fece una partaccia, perché gl’imputati erano soltanto sei e, mi diceva questo colonnello, ancora stupefatto, il presidente gli aveva gridato che lui, per meno di dieci uomini non si muoveva; e non vorrei essere inesatto specificando che, come pur mi sembra, non alludesse a dieci imputati, ma a dieci fucilazioni)”.

Questo tribunale non venne mai abolito, ma di fatto sostituito nelle sue attività dal Tribunale Speciale della Dalmazia.

I suoi membri compaiono come deferiti negli elenchi della Commissione d’inchiesta per i presunti criminali di guerra istituita presso il Ministero della Guerra italiano, ovvero avrebbero dovuto essere sottoposti a giudizio da parte della Magistratura militare italiana.

Questo processo per crimini di guerra non ebbe mai inizio.

Documenti:

– VJESNIK, Notiziario del Fronte Popolare Croato, Zagabria, 13 marzo 1946.

– Stralcio della relazione della Commissione Croata per l’accertamento dei crimini dell’occupatore e dei suoi satelliti.

– Stralcio della relazione sull’attività svolta dal Procuratore Militare (italiano) in Dalmazia.

 

Pietro Caruso dopo questa esperienza fu nominato questore di Roma agli inizi del ‘44, dopo essere stato questore a Verona. In precedenza era stato comandante della Milizia Portuaria di Trieste ed aveva diretto il rastrellamento dell’oro per conto dell’allora Prefetto Tamburini, che era stato tanto soddisfatto del suo lavoro da segnalarlo, quando divenne Capo della Polizia della RSI dopo l’8 settembre, quale persona degna di fiducia a Mussolini. Caruso fu perciò incaricato di procedere, a Roma al rastrellamento dell’oro bloccato con d.l. 3/9/41, operazione che condusse tra settembre e dicembre 1943. Nelle operazioni di polizia egli approfittò spesso dei servizi della famigerata “banda Koch”, squadra che, stando a quanto sostenuto da lui stesso, sarebbe dipesa direttamente dal Ministero dell’Interno più che non dalla Questura e diretta dall’ex ufficiale dei granatieri Pietro Koch che fu fucilato come criminale di guerra dopo essere stato processato dall’Alta Corte di Giustizia a Roma. Anche Caruso fu condannato a morte (in Italia).

Un tanto per la conoscenza storica, alla quale tanto tiene il nostro Presidente.

Saluti resistenti

Claudia Cernigoi

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