I RICONOSCIMENTI PER GLI INFOIBATI AI CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI

di Milovan Pisarri
 
 

Ormai da otto anni, com’è noto, la Repubblica italiana ricorda ogni 10 febbraio le vittime italiane delle foibe e l’esodo degli italiani d’Istria e Dalmazia dalle loro terre d’origine. Nonostante vari studi abbiano nel corso di questi anni dimostrato quanto sia necessaria un’approfondita conoscenza delle vicende belliche e postbelliche di quelle regioni prima di istituire celebrazioni politicamente rischiose, ogni anno le istituzioni fanno letteralmente a gara per organizzare eventi che possano restituire alla memoria collettiva momenti di storia dimenticata.  Tra essi, il più importante e carico di significato è certamente la consegna di medaglie al ricordo di persone che persero la vita nelle foibe.

Già da tempo Sandi Volk attraverso pazienti ricerche e confronti, ha dimostrato il senso di questa cerimonia. Nel suo bell’intervento chiarificatore intitolato Che cosa ricorda la Repubblica? pubblicato nel volume Foibe. Revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica (Kappavù, Udine 2008), pagine 143-178, ha fatto un’inequivocabile luce sulla legge 92 del 30 marzo 2004 con cui venne istituita la Giornata del Ricordo e soprattutto su chi viene effettivamente ricordato. Dalle sue analisi, condotte soprattutto grazie al confronto delle stesse fonti utilizzate per concedere i riconoscimenti e di altre liberamente disponibili (Albo d’oro di Luigi Papo, Elenco caduti RSI), è emerso chiaramente il quadro di quello che si ricorda: non civili italiani dell’Istria infoibati perché italiani, ma militari italiani inquadrati nelle formazioni repubblichine al servizio dei nazisti in Istria, spesso provenienti da regioni troppo distanti dall’Istria stessa per poter essere considerati istriani, uccisi dai loro nemici partigiani. Infatti, la maggior parte degli oltre duecento premiati al gennaio 2012 sono membri delle forze armate e di polizia morti in varie circostanze nel biennio 1943-45: nel periodo cioè in cui nell’Istria, a Trieste e a Gorizia i tedeschi avevano instaurato l’Adriatische Kunsterland e dove i militari italiani, arruolati esclusivamente su base volontaria, prestavano giuramento direttamente alle autorità naziste. Carabinieri, membri della Guardia di Finanza, poliziotti ma anche numerosi militi della Milizia della Difesa territoriale, di quella milizia cioè che porta enormi responsabilità nella lotta antipartigiana e nei crimini commessi contro civili inermi, inclusa la consegna ai nazisti di numerose persone finite a S. Sabba o nei campi di concentramento in Germania. Numerosi, anzi troppi, anche i cosiddetti civili premiati ex appartenenti alle stesse formazioni armate; diversi anche gli scomparsi, cioè coloro di cui non si è mai saputa la causa di morte (presunta), e di quelli morti addirittura in combattimento; non mancano infine anche persone che hanno ricevuto due volte lo stesso riconoscimento, in anni diversi.

Già questo è di per sé una questione allarmante, paradossale; si ricordano di fatto caduti italiani nazifascisti, ponendo ancora una volta in continuità, verrebbe da dire, l’Italia repubblicana a quella fascista e poi repubblichina. Probabilmente ciò è possibile soprattutto a causa dell’oblio che ancora oggi avvolge i territori istriani, e più in generale di tutti quelli jugoslavi occupati dagli italiani, durante il secondo conflitto mondiale; un oblio che permette l’affermazione politica della peggiore retorica politica, ingombrante e prevaricante nei confronti della sana ricerca storica. Alla decostruzione di tali affermazioni politiche messa in atto da Sandi Volk, ci permettiamo quindi di aggiungere un ulteriore tassello.

Il problema dei riconoscimenti è infatti reso molto più grave dal fatto che tra i vari caduti ricordati dalla Repubblica ci sono anche alcuni criminali di guerra sui quali negli archivi jugoslavi esiste un dossier con capi d’accusa e prove, spesso schiaccianti. Un caso già conosciuto è quello di Vincenzo Serrentino, ultimo prefetto di Zara (nel 1944, si badi bene) fucilato dopo regolare sentenza dalle autorità jugoslave nel 1947. Ai familiari di Serrentino è stato consegnato il riconoscimento nel 2007, senza accennare (ma loro forse lo sapevano, sono tutti gli altri che non lo sanno) al fatto che lo stesso Serrentino ebbe a Zara e Sebenico un ruolo di primo piano nella guerra contro gli antifascisti e nei crimini contro la popolazione civile croata.

Oltre a lui, è stato possibile accertare che altri cinque criminali di guerra sono stati onorati dalle medaglie della Repubblica; cinque nomi di persone i cui dati sono stati verificati prima di essere qui di seguito pubblicati. I dossier originali in lingua serbocroata o slovena sono liberamente consultabili da tutti presso l’Archivio di Jugoslavia, nel fondo numero 110 “Commissione di Stato per l’accertamento dei crimini di guerra degli occupanti e dei collaborazionisti”. Qui si trovano ben ordinati i dossier dei 3.693 criminali di guerra italiani identificati dalle autorità jugoslave nell’immediato dopoguerra. (Urge una precisazione. Come è risaputo, e purtroppo mai abbastanza ripetuto, alla fine della guerra la Jugoslavia cercò l’estradizione di circa 750 criminali di guerra italiani, cosa che naturalmente non avvenne; quello che è però importante sottolineare è che quelli richiesti erano coloro i quali si erano macchiati dei crimini più gravi e dei principali in ordine gerarchico: Roatta, Robotti, il prefetto Testa e così via. In realtà la Commissione jugoslava per l’accertamento dei crimini degli occupanti e dei collaborazionisti accertò grazie ad un minuzioso lavoro di numerose sottocommissioni la responsabilità di 3.693 italiani).

Chi sono dunque i criminali di guerra premiati dalla Repubblica italiana e di cosa sono stati accusati dalle autorità jugoslave? Pubblichiamo alcuni estratti dai loro dossier. Tra parentesi è indicata la collocazione di ogni singolo dossier, per chiunque volesse approfondire o verificare la veridicità di quanto scritto.

1)    Bergognini Giacomo. Riconoscimento ricevuto nel 2009

Nel suo dossier (Archivio di Jugoslavia, fondo 110, busta 234, f. br. 24978), è scritto:

Come membro della compagnia di carabinieri di Ajdovšćina nel corso della guerra ha partecipato ai seguenti crimini:

–       Durante la guerra, nel comune di Ajdovščina furono arrestati, torturati e dopo oltre un mese di carcere internati 11 uomini: Bajc Matija, Kete Alojz, Zigon Anton, Berlot Anton, Lokar Marijan e Poniz Rihard (…)

–       I carabinieri insieme ai fascisti e alla polizia arrestarono nelle frazioni del comune di Ajdovšćina 120 giovani arruolandoli in battaglioni speciali, dai quali ancora non tutti hanno fatto ritorno.

–       I carabinieri insieme ai fascisti, alla polizia e alla guarnigione italiana organizzarono il giorno 8 agosto1942 una spedizione criminale a Ustje. I carabinieri avevano istruzioni ben precise, e anche se il maresciallo Marrone era stato ucciso per vendetta dai soldati del reggimento alpino, nonostante ciò guidarono l’azione e bruciarono il giorno suddetto l’intero abitato di Ustje, mettendo a fuoco tutti i beni di 67 proprietari (…). Oltre a ciò radunarono tutta la gente al cimitero, picchiandoli e li minacciandoli di morte. Presero poi 8 uomini, li torturanono di fronte a tutti e poi li uccisero con i coltelli o con il fucile. I nomi dei morti sono: Podgornik Avgust, Evstahi Podgornik, Strancer Metod, Stibil Milan e Anton, Vrtovec Anton, Kante Maks e Uršič Ivan. (…).

2)    Cucè Luigi, riconoscimento ricevuto nel 2011.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 128, f. br. 5724):

Il criminale Cucè Luigi, in quanto brigadiere della Guardia di Finanza sull’isola di Pašman durante l’occupazione italiana nel 1943, anche se non rientrava nei suoi doveri, su propria iniziativa ricopriva una carica di polizia superiore alle sue funzioni previste dalla sua professione di capo della Guardia di Finanza locale. Indagava costantemente, denunciava e pereguitava tutti gli antifascisti. Su sua proposta e su sue informazioni venivano effettuati arresti, – invii al Tribunale speciale, invii ai campi di concentramento e fucilazioni di diversi patrioti antifascisti (…)

Il giorno 17 luglio 1943, dalla guarnigione di Sali a Dugi otok giunse sull’isola di Pašman una spedizione punitiva comandata dal famoso criminale, capitano Malocchi Ernesto, composto da soldati del primo battaglione “Granatieri di Sardegna“. Appena sbarcati a Pašman si unì loro il criminale Cucè Luigi, e da lui guidati irruppero nelle case e arrestarono diversi contadini tra i quali: Pedišić Anastasije Šimin, Kraljev Augustin Matin, Pešić Toma Krstin, Kraljev Dragica moglie di Ante, Pedišić Božo Matin, Kraljev Mate figlio del defunto Mate, vecchio di 75 anni. Tutti gli arrestati vennero condotti in barca nel paese di Pašman. Qui vennero rinchiusi nella caserma della Guardia di Finanza, dove i criminali Malocchi e Cucè li interrogarono e li maltrattarono pesantemente fino alle due di pomeriggio, costringendoli ad ammettere la loro collaborazione con i partigiani (…). Dopo essere stati torturati, verso le due di pomeriggio vennero portati fuori dalla caserma e diretti di fronte ad una casa non terminata senza tetto.  Lì il criminale Vladković Boris li portò ad uno ad uno all’interno e li uccise con un colpo di pistola; dopodiché i soldati gettarono i corpi dalla finestra, e fuori altri soldati spararono sulle vittime un’altra raffica (…).

3)    Luciani Bruno, riconoscimento ricevuto nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 231, f. br. 24206):

Il giorno 31 dicembre 1944 gli agenti della polizia di Collotti arrestarono il ventenne Kavčič Bruno di Trieste. All’arresto parteciparono gli agenti Ciarlenco, Luciani, Nussak e Sorenzio. Kavčič Bruno fu portato alla caserma in via Cologna, dove fu interrogato e torturato. Le torture durarono fino al 15 aprile 1945, quando venne trasportato al Coroneo dove venne interrogato e torturato dalle SS. Il giorno 28 aprile 1945 venne trasportato a Opicina dove venne fucilato dalle SS (…).

Il giorno 27 novembre 1944 venne arrestata Varich Wilma dagli agenti Ciarlenco e Luciani, membri della polizia di Collotti, e venne portata nel carcere in via Bellosguardo. Qui venne interrogata. Venne legata al tavolo, picchiata e presa a pugni; questo venne fatto dal brigadiere Ciarlenco. Vedendo i torturatori che non aveva intenzione di dire nulla, cominciarono a bruciarle le mani, le gambe e le guance con l’elettricità. Dopo un’ora fu portata in cella. Il giorno successivo fu trasportata nel carcere presso i Gesuiti. Dopo ottanta giorni fu nuovamente interrogata e torturata nel carcere in via Cologna, poi trasferita al Coroneo e dopo due mesi fu internata in Germania.

Il giorno 26 novembre 1944 la polizia speciale per il Litorale adriatico il cui capo era Collotti, arrestò il funzionario ventenne Battich Ferruccio. L’ordine di arresto, che venne effettuato da tre agenti della sopranominata polizia, fu dato dal brigadiere Ciarlenco. Battich venne portato presso la sede di questa polizia in via Bellosguardo. Qui venne interrogato e picchiato brutalmente dagli agenti Ciarlenco, Codegli e Luciani. Poi venne trasportato nel carcere dei Gesuiti con l’accusa di essere un collaboratore dei partigiani (…).

4)    Privileggi Iginio, riconoscimento ricevuto nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 214, f. br. 21168):

Un giorno imprecisato del gennaio 1944 i fascisti si recarono nel villaggio di Bujić guidati dal fascista Privileggi Iginio e Kovačič Mario. Qui arrestarono Jelovac Ivan, che venne portato a Parenzo, picchiato e torturato e lasciato senza cibo per otto giorni. Poi fu portato in un bosco e ucciso.

(…)

Il giorno 2 febbraio 1944 arrestarono Pribetić Ivan, che venne portato in carcere, maltrattato e picchiato; venne picchiato in particolare dal fascista Privileggi. Lo stresso giorno si recarono a Nova Vasi e arrestarono Viggintin Petar, che venne portato a Parenzo e ucciso con una mitragliatrice poco distante dall’abitazione di Mate Vlašić. Nel corso di questa esecuzione vennero riconosciuti i fascisti Kovačič Mario e Destilatis Ennio. In quell’occasione diedero fuoco alla casa di Vlašić Mate, e quando Vlašić Petar tentò di spegnere l’incendio, i fascisti lo presero e lo portarono al cimitero, dove venne ucciso con una raffica di mitragliatrice. A quest’esecuzione parteciparono Privileggi Iginio e Ramarro Luigi. Allo stesso modo uccisero sempre a Nova Vasi Brnobić Ivan e sua moglie Vitkorija, Orahovac Antun, Jerovac Mate, Radin Gašpare, Sorčič Bruno (…).

Il criminale sopraindicato è stato liquidato dalle nostre autorità come risulta dal rapporto della Commissione per i crimini di guerra in Istria numero 389.

5)    Stefanutti Romeo, riconoscimento ricevuto nel 2006 e nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 230, f. br. 24016):

I fascisti di diverse guarnigioni, e in particolare di quella di Oprtalj, commisero nel corso del 1944 nel territorio di Buzet una serie di crimini nei confronti della pacifica popolazione locale, con lo scopo di annientarla e di appropriarsi dei loro beni. La Commissione per i crimini di guerra in Istria ha accertato che in quel periodo critico, il milite Stefanutti Romeo partecipò personalmente ai crimini di seguito descritti (…).

Dalla fine del gennaio 1944 fino alla fine del giugno dello stesso anno, nel territorio di Buzet, senza alcun motivo vennero uccisi i seguenti civili: Grizančić Mate, Grizančić Andjelo (questi venne portato al cimitero nel paese di Salež dove gli vennero cavati gli occhi, tagliate le orecchie, mentre il suo corpo venne martoriato con il coltello; poi fu fucilato), Zonta Miha, Zonta Antun, una certa Ana di Zrenja il cui cognome non si conosce (venne sgozzata), Pruhar Ivan, Mušković Antuna (venne ucciso mentre badava ai suoi tacchini, che vennero poi rubati dai fascisti), Kodelij Antun e Prodan Antun; inoltre, saccheggiarono e incendiarono 14 abitazioni, mentre arrestarono due persone e li mandarono nei campi in Germania (…).

6)    Serrentino Vincenzo, riconoscimento ricevuto nel 2007.

Dal suo dossier (AJ, fondo 110, busta 76, f. br. 80):

Nel corso del 1941 venne formato in fretta e furia a Šibenik il Tribunale straordinario, che condannò a morte delle persone senza nemmeno provare la loro colpevolezza.

Tra l’altro, vennero condannati a morte da questo tribunale:

–       13 ottobre 1941 vennero fucilati: Junaković Drago Stipin, Lazić Ivan Antin, Vrljević Duško Milošev, Bujas Mate Antin, Višić Blaž Stipin e Belamarić Ante figlio del defunto Vlada, anche se erano del tutto innocenti.

–       Il 29 ottobre 1941 vennero fucilati a Vodice, nei pressi di Šibenik: Skroza Milivoj Ambrozijev, Antulov Ivan Matin, Kursar Fridrih Enrika, Jurić Ivan Vicin, Belan Šime Ivanov, Udovičić Ante Grgin, Greblja Petar Krstin, Mijat Ante figlio del defunto Luka, Mijat Cvitko Blažev, Skroza Jozo Rokov, Skroza del defunto Toma, Skroza Štire figlio del defunto Duje, anche se non avevano commesso nulla per cui poter essere condannati a morte.

Come giudice responsabile di aver emesso tali sentenze di morte ingiuste, Serrentino Vincenzo è responsabile di crimini commessi da parte dell’occupante nei confronti dei nostri popoli.

Leggendo questi estratti, viene da chiedersi come mai sia stata possibile una così grave defaillance.

Volendo essere comprensivi, potremmo rispondere che i membri della commissione che stabilisce a chi assegnare le medaglie non abbiano preso in considerazione una tale eventualità; il che la direbbe comunque tutta sulla serietà del lavoro che svolgono. D’altra parte, se teniamo presente la difficoltà di consegnare medaglie a civili realmente morti nelle foibe e la facilità con cui vengono assegnate a fascisti veri e propri, forse dovremmo ripensare bene a tutta la Giornata del Ricordo.

Ci riserviamo di aggiornare l’elenco dei criminali di guerra che hanno ricevuto il riconoscimento dalla Repubblica italiana qualora emergessero nuovi nominativi.

(marzo 2012)

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