SUI PARTIGIANI GIUSTO E RODOLFO BLASINA

Aggiornamento aprile 2014

A seguito della prima Lettera Aperta dei famigliari e del successivo scambio con la vicesindaca di Trieste Fabiana Martini, più sotto riportati, nel giorno in cui nel 1944 i nazifascisti fucilarono a Opicina 71 ostaggi, tra i quali Rodolfo Blasina, e alla vigilia della celebrazione in loro onore, la dedica sulla tabella che intitola un giardino ad Opicina a Rodolfo e a suo fratello Giusto è stata modificata in forma più degna:

Vecchia targa giardino Blasina

Vecchia targa giardino Blasina

Nuova targa giardino Blasina

Nuova targa giardino Blasina


Trieste, 19.12.2014

Lettera aperta all’Assessore e Vicesindaco del Comune di Trieste Fabiana Martini

Agli organi di stampa con richiesta di pubblicazione

Spettabile signora Martini
Il 17 dicembre abbiamo partecipato alla cerimonia di intitolazione del giardino di via Doberdò ad Opicina ai fratelli Giusto e Rodolfo Blasina. Il primo era nostro padre ovvero nonno, impiccato dai nazisti in via Ghega, l’altro era suo fratello, fucilato dai nazisti proprio ad Opicina. Entrambi sloveni. Una iniziativa che non possiamo che ritenere, al di la dei legami parentali, giusta. Quello che ci ha però suscitato una profonda amarezza è stato il fatto che Giusto e Rodolfo siano stati definiti semplicemente “vittime del nazifascismo”. Per vittime si intendono persone rimaste loro malgrado vittime, appunto, di un incidente stradale, di un disastro naturale, anche di una rappresaglia nazifascista. Le vittime non vengono perciò ricordate per loro stesse, per i valori positivi di cui erano portatrici in vita, bensì per le cause della loro morte, quale monito rispetto alle cause della loro morte. Le vittime del Vajont non vengono ricordate per quello che erano in vita, ma quale monito sulle conseguenze della sete di profitto, causa della loro morte. Giusto e Rodolfo Blasina non erano affatto delle vittime, bensì due persone che hanno deciso coscientemente di combattere il nazifascismo accettando tutti i rischi che ciò comportava, compreso la possibilità di essere arrestati e uccisi. Entrambi erano infatti membri attivi del Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno (OF). Il primo è stato arrestato in quanto organizzatore della raccolta di materiale per le formazioni partigiane, il secondo perché in casa sua a Trieste ospitava un partigiano ferito. Per questo sono stati imprigionati, torturati e in seguito fucilati come ostaggi. Definirli semplicemente vittime non solo è assurdo (da quanto sappiamo sono l’unico caso in cui una via del Comune di Trieste viene dedicata a delle vittime), ma significa occultare il senso del loro sacrificio e sminuirne l’importanza. Tutto questo le era stato spiegato con la richiesta che sulla tabella fossero definiti in modo da rendere evidente il perché si ritenessero meritevoli di un tale onore e le era stato anche proposta una definizione diversa, “combattenti contro il nazifascismo”. Potevano essere adeguate anche altre definizioni, come “caduti per la libertà” o semplicemente “partigiani”(perché questo erano a tutti gli effetti). Ma lei non ha voluto nemmeno prendere in considerazione una definizione alternativa. L’unica spiegazione che possiamo darci di tale atteggiamento è che per il vicesindaco di una amministrazione che si appresta a dedicare una via o piazza di Trieste al 12 giugno 1945 e che ha recentemente messo sotto processo il Presidente del Consiglio Comunale per il solo fatto di aver ribadito la verità storicamente inconfutabile che Trieste è stata liberata dal nazifascismo dalle formazioni dell’Esercito popolare di liberazione jugoslavo, sia impossibile dare il giusto valore a chi, se fosse stato in vita, certamente quel 12 giugno non avrebbe affatto festeggiato (anche perché tra gli “occupatori” che quel 12 giugno dovettero lasciare Trieste c’era anche il figlio di Giusto, Miran, che poco più di un mese prima aveva contribuito a liberare la città in cui era nato). Risulta però francamente offensivo che Giusto e Rodolfo vengano definiti vittime, mentre altri, dei quali numerosi combattevano dalla parte dei nazifascisti e tra i quali ci potrebbero essere anche i delatori che hanno portato all’arresto e all’assassinio di Giusto e Rodolfo, vengono ricordati nello stradario cittadino come martiri. Se voleva dare un semplice “contentino” a qualcuno poteva anche risparmiarselo. Giusto e Rodolfo Blasina erano e rimangono comunque per noi – e crediamo per molti altri – degli esempi di dignità e risolutezza nel perseguire l’eguaglianza e la giustizia.

Neva Blasina
Tea Volk
Alessandro (Sandi) Volk
Pavel Volk

 

Trieste, 30.1.2015

Alla redazione de “Il Piccolo”, rubrica “Segnalazioni”
con richiesta di pubblicazione

Ringraziamo la vicesindaca Fabiana Martini della lettera, pubblicata sul Primorski dnevnik del 17.1.2015, con la quale ha risposto alla nostra lettera aperta (Il Piccolo, Segnalazioni, 27.12.2014) riguardante l’intitolazione di un parco di Opicina ai nostri congiunti Giusto e Rodolfo Blasina. Siamo innanzitutto felici che condividiate il valore da noi attribuito al sacrificio dei nostri due congiunti. Per quanto riguarda la conoscenza più approfondita delle loro figure avremmo potuto farle avere molti altri dati se solo ci avesse contattato. Ci pare infatti molto strano che dalla sua amministrazione non abbiamo mai ricevuto alcua comunicazione ufficiale scritta in merito all’intitolazione, nemmeno di invito alla cerimonia stessa.
Il fatto che altre parti del territorio comunale siano intitolate a persone definite come vittime non può in alcun modo mutare la nostra posizione, anzi, non fa che rafforzarla. Non conosciamo la figura di Sergio Simone (il cui cognome è in realtà De Simone!), conosciamo invece bene la storia dei giudici Falcone e Borsellino. Che la Trieste “ufficiale” abbia voluto ricordare i due giudici solo in quanto vittime, mentre la stessa Trieste “ufficiale” ha voluto invece ricordare come “martiri” nello stradario cittadino persone del tipo di Vincenzo Serrentino, che dopo la guerra è stato giudicato e condannato come criminale di guerra (fu anche fondatore del Fascio di combattimento di Zara, ufficiale delle Camice Nere, membro del Tribunale straordinario della Dalmazia – in tale veste ha compiuto i crimini per i quali è stato successivamente condannato – e prefetto di nomina nazista di Zara) ci pare un ulteriore vergogna per la nostra città
Non si tratta di strumentalizzazioni politiche, ma di fatti. E sono proprio questi fatti ad essere irrispettosi per la memoria dei nostri congiunti, come pure dei due giudici siciliani.
Prendiamo nota del fatto che la definizione presente sulla tabella di intitolazione ai nostri due congiunti del parco di Opicina è stata proposta dalla amministrazione di cui fa parte, che ne è quindi pienamente responsabile. Dobbiamo purtroppo smentire la sua affermazione di aver saputo della proposta per una definizione diversa solo alcuni giorni prima della solenne intitolazione, visto che la avevamo avanzata, anche se solo durante un colloquio telefonico (e vogliamo ribadire il nostro stupore per il fatto di non aver mai avuto dall’amministrazione comunale alcuna comunicazione ufficiale sulla vicenda), non appena abbiamo avuto notizia dell’intenzione del Comune di intitolare il parco di Opicina ai nostri due congiunti – quindi almeno un mese prima della cerimonia di intitolazione. Non possiamo peraltro che rallegrarci del fatto che ora condividiate le due definizioni alternative che abbiamo proposto nella nostra lettera aperta. Ci aspettiamo perciò che vi attiviate perché la definizione riportata ora sulla tabella venga mutata in tempi ragionevoli, perché altrimenti ci vedremmo costretti – proprio per rispetto verso la memoria dei nostri congiunti – a provvedere noi stessi.
Cordiali saluti

Neva Blasina ved. Volk
Tea Volk
Alessandro (Sandi) Volk
Pavel Volk

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