LETTERA APERTA AL SINDACO DI TRIESTE SULLE POLEMICHE SCATURITE DALLA PRESENZA DI BANDIERE JUGOSLAVE AL CORTEO DEL PRIMO MAGGIO

LE POLEMICHE SULLE BANDIERE JUGOSLAVE AL CORTEO DEL PRIMO MAGGIO A TRIESTE. DSC02061 ANTEFATTO.

Considerando che a Trieste la data del Primo maggio rappresenta non solo la Festa del lavoro ma anche la Liberazione della città dal nazifascismo, in quanto fu il 1° maggio 1945 che l’esercito alleato jugoslavo giunse a Trieste, nel corteo del Primo maggio sfilano da sempre, assieme alle bandiere rosse e dei sindacati, oltre a quelle di altri Paesi, anche le bandiere jugoslave con la stella rossa e le bandiere italiane della Brigata Garibaldi, che portano al centro del tricolore la stella rossa.

Quest’anno l’associazione nazionalista Trieste Pro Patria (che comprende esponenti dell’estrema destra triestina, tra i quali alcuni reduci di Avanguardia nazionale) ha organizzato per la seconda volta un “primo maggio tricolore”, alternativo a quello tradizionale (e storico) della sinistra. Ciò ci rammenta che anche nel Reich di Hitler veniva celebrato il Primo maggio… a differenza dell’Italia fascista, il che ci dà un’immagine politica del gruppo diversa da quella che avevamo finora valutato.

(Forse non a caso tra i teorizzatori del primo maggio “non comunista” vi è anche il sostenitore di una pagina che fa apologia del nazismo, https://www.facebook.com/pages/Fascist-is-a-Gentleman/640811132719337?pnref=lhc , particolarmente raccapricciante per la raccolta di foto di parate hitleriane).

Tra le motivazioni addotte dagli organizzatori nella pagina del loro evento Facebook (https://www.facebook.com/events/520116014795632/ ) il non voler più vedere sfilare “bandiere rosse falci e martelli bandiere slave ed il bianco-rosso-verde con la stella rossa”: alle quali si potrebbe rispondere semplicemente che essendo il primo maggio una ricorrenza tradizionalmente di sinistra, è semplicemente logico che sfilino i simboli della sinistra e non quelli del fascismo.

Nella stessa pagina si sono poi susseguiti gli insulti gratuiti a coloro che sfilano con quei simboli, ma la cosa più inquietante, non tanto dal punto di vista politico quanto da quello psicologico, è stato il commento di uno dei gestori della pagina, a fronte della presenza di un cane condotto a guinzaglio da un manifestante al Primo maggio dell’anno scorso.

“Era usanza degli Slavi buttare un cane nero nella foiba dopo averci buttato gli Italiani (una forma di scaramanzia). Forse quelli nella foto si portano dietro il cane in caso ce ne fosse ancora necessità: non si sono mai pentiti degli infoibamenti ed ancora ci minacciano (vedi il caso di ieri a Gorizia)”: il riferimento è alla scritta “Fasci in foiba” comparsa sul lapidario degli “infoibati” di Gorizia (dal che si deduce che l’autore del commento si identifichi nei “fasci” minacciati; ma aggiungiamo che non è poi tanto certo che sia stata una mano “slavocomunista” a tracciare quelle scritte, cosa che approfondiremo in un articolo a parte).

Ma a prescindere dal fatto che la questione del “cane nero degli infoibatori” non è altro che una bufala (ne abbiamo parlato altre volte su queste pagine) è semplicemente agghiacciante che la persona che scrive possa pensare che delle persone si portino appresso un cane nero allo scopo specifico di averlo “pronto per l’uso” nel caso dovessero “infoibare” qualcuno.

Tralasciando i “casi umani”, passiamo al corteo del Primo maggio 2015: all’interno di una manifestazione grandiosa sono sfilate anche alcune bandiere jugoslave (oltre a quelle cubane, palestinesi, basche, eccetera eccetera) e tricolori con la stella rossa: dopotutto era il 70° anniversario della Liberazione di Trieste, piaccia o non piaccia ai nostalgici del nazifascismo. Che si sono immediatamente attivati a commentare il fatto su una miriade di pagine Facebook e nei blog con dovizia di insulti razzisti e violenti, arrivando al punto da creare una pagina FB con la precisa richiesta di impedire che il prossimo anno i “nostalgici titini” possano sfilare al Primo maggio.

Fatto salvo che non esiste (deo gratias) alcuna norma di legge che possa impedire a qualcuno di sfilare con una bandiera che non rappresentati un’organizzazione fuorilegge (ad esempio la bandiera di Salò è vietata, in quanto configura apologia del fascismo), va invece annotato che la maggior parte dei commenti comparsi sul web non sono politici (salvo alcuni che inneggiano al “duce” ed al fascismo), ma meramente razzisti, e che invece molti altri commenti (non moderati dai gestori delle pagine) rappresentano vera e propria istigazione a delinquere, come l’alato invito di tale Fabry Braga sulla pagina FB del quotidiano triestino il Piccolo “Spararghe nei ginoci (traduzione: sparargli alle ginocchia) bastardi de merda”, ancora visibile dopo 20 ore dalla pubblicazione.

E dopo avere letto una presa di posizione del sindaco di Trieste Roberto Cosolini (PD), abbiamo deciso di scrivere questa LETTERA APERTA relativamente al suo intervento in merito alla presenza nel corteo del Primo maggio di bandiere jugoslave (precisiamo JUGOSLAVE, con la J e non con la Y, signor Sindaco, la Y non esiste nella lingua italiana se non come traslata da altre lingue, e nelle lingue slave si scrive Jugoslavia).

Scrive il sindaco.

“Per questo è sbagliato oggi ostentare nel corteo del 1 maggio la bandiera yugoslava: è PASSATO non FUTURO, e divide. Non serve infatti ostentarla per ricordare che anche armata e forze partigiane yugoslava hanno contribuito a sconfiggere nazismo e fascismo, lo ha detto la Storia. Ma ostentarla in un corteo che ha altro fra le sue ragioni e i suoi obiettivi serve solo a riattizzare polemiche visto che la Storia ha anche detto che dopo il 1 maggio del 1945 la presenza yugoslava assunse altro significato, altri obiettivi, trasformandosi in una dura occupazione, che fece molte vittime”.

Tale presa di posizione probabilmente scaturisce dalla bagarre inscenata da coloro che, dopo avere fatto un mostruoso flop col loro “primo maggio tricolore” si sono sentiti in dovere, forse per nostalgico razzismo fascistoide, di proseguire con i loro insulti al di là del bene e del male.

Ma tralasciando i fascisti, che come tali non meritano di essere presi in considerazione, vorremmo rispondere al sindaco.

Sembra, secondo le parole di Cosolini, che si possano “ostentare” senza dare scandalo tutte le bandiere tranne quella jugoslava (con la J, ribadiamo); eppure la bandiera jugoslava rappresenta ancora qualcosa per una parte (non indifferente, lo abbiamo visto ieri in corteo) della popolazione triestina (e non solo, dato che molti turisti italiani e stranieri si sono avvicinati con simpatia).

Ma forse è proprio per questo che la bandiera jugoslava dà fastidio. Perché è il simbolo dei popoli che si sono ribellati al nazifascismo e si sono liberati da soli, il simbolo di un progetto di socialismo diverso, internazionalista, autogestionario.

Perché oggi si getta letame sulla Jugoslavia di Tito, dimenticando il tributo di sangue che diede per la lotta al nazifascismo, dimenticando il ruolo di paese leader dei non allineati, schierato per la pace ed impegnato attivamente nello sviluppo culturale ed economico dei Paesi che si stavano lentamente liberando dal giogo coloniale.

Il sindaco sostiene che “ostentare” la bandiera jugoslava oggi significa attizzare polemiche dato che l’occupazione jugoslava fece “molte vittime”.

Tutta la guerra fece “molte vittime”, signor Sindaco, anche la bandiera italiana può ricordare quante vittime fece l’Italia prima e durante la guerra; e come la mettiamo con la bandiera USA che può ricordare (cosa che si deve ricordare) i bombardamenti atomici sul Giappone già in ginocchio, un crimine contro l’umanità e contro la Terra, perpetrato al solo scopo di compiere una prova di forza nei confronti dell’URSS?

Non vogliamo polemizzare ulteriormente sul fatto che il Comune tollera serenamente che i neofascisti e neonazisti espongano le bandiere di Salò sulla foiba di Basovizza, salutando i “martiri delle foibe” a suon di “camerata presente” e di saluti romani. E sono quasi sempre gli stessi che si scandalizzano per le bandiere jugoslave ad applaudire a queste esibizioni di apologia del fascismo.

Si può guardare il futuro solo dopo avere fatto i conti col passato e solo se non si mistifica la storia per i fini politici contemporanei. È questo il problema della lettura della storia al confine orientale, cioè che la parte italiana nazionalista (anche di sinistra, quella mazziniana, per intenderci) non ha mai accettato l’esistenza della comunità slovena nella città di Trieste. Uno dei più celebrati pensatori del CLN triestino, il socialista (ex azionista) Carlo Schiffrer, sosteneva che il fascismo aveva sbagliato nell’avere scelto di snazionalizzare gli “slavi” con metodi brutali invece di “assimilarli lentamente”, e che gli “slavi” si sentivano tali solo finché non si elevavano socialmente ed a quel punto sceglievano di diventare italiani.

I mazziniani di oggi hanno fatto i conti con queste posizioni razziste provenienti dagli antifascisti, oppure le condividono ancora? Ci sembra che lo scandalo sollevato dalle stelle rosse (anche per la bandiera italiana con la stella rossa, che, detto per inciso, è quella ufficiale della Brigata Garibaldi e come tale non costituisce vilipendio alla bandiera, come da sentenze passate in giudicato, mentre è il tricolore con i simboli di Salò la cui esibizione costituisce reato in quanto apologia del fascismo) sia semplicemente strumentale per ribadire l’astio della borghesia razzista triestina nei confronti dell’altra componente della città, non a caso molti dei commenti degli “scandalizzati” consistono nella sigla S.R.S. che rappresenta l’immonda frase “s’ciavo resta s’ciavo” (il termine spregiativo s’ciavo per gli slavi – sloveni, ma anche croati – significa “schiavo”, e nello specifico la frase significa che lo “slavo” deve rimanere sempre uno “schiavo” per gli italiani, nella tradizione della Repubblica di Venezia che andava a catturare uomini sulle coste della Dalmazia per farne degli schiavi da far lavorare, questa l’origine del toponimo della Riva degli Schiavoni, per chi non la conoscesse).

Ecco, signor Sindaco, noi pensiamo che siano questi i rigurgiti che andrebbero puniti in questa città, perché impediscono di guardare al futuro.

 

Claudia Cernigoi, 2 maggio 2015

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