IL SONNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI.
Possiamo interrogarci, a settant’anni dalla fine del secondo conflitto mondiale, come l’umanità abbia potuto produrre tanti e tali orrori. Come possano essere esistiti i campi di sterminio, le politiche genocide, le rappresaglie sui civili, il massacro indiscriminato, le bombe atomiche.
Ma non è difficile comprendere come si possa arrivare a tanto. Per capire oggi come il popolo italiano, così bonaccione, pacioso, amichevole, popolo di navigatori poeti santi, incline ai piaceri della tavola e del bel canto possa essere diventato il macellaio degli abitanti dell’Africa colonizzata, così come lo sterminatore nei Balcani occupati durante la seconda guerra mondiale, basta leggere i disgustosi commenti in rete (e sulla stampa, nonché le proposte “serie” di taluni esponenti politici) sulla morte per annegamento di un migliaio (decina più decina meno) di esseri umani che avevano l’unica colpa (per chi ha scritto in quei termini) di essere dei “negri” che venivano a “minacciare” la nostra “sicurezza”, i nostri “posti di lavoro”.
Il problema della rete è che le parole che prima si dicevano tra “amici” in osteria o per strada (perché il razzismo è insito in noi, in tutti noi, non solo negli italiani, che non intendiamo colpevolizzare come popolo in sé, sia chiaro, perché ciò che vogliamo evidenziare è il cosiddetto “comune sentire”, quello che non rappresenta necessariamente la totalità del pensiero della popolazione, però è quello che fa tendenza, fa audience, influenza il voto, elegge i governanti), quelle stesse parole che una volta magari si aveva un po’ di pudore a far sentire anche agli altri, oggi, con i social network, dilagano, perché basta un cretino attaccato ad una tastiera che digita parole tanto idiote quanto criminali, a far emergere dalla melma tutti i cretini criminali par suo, che si sentono incoraggiati, autorizzati, legittimati, a ribadire, perché le condividono quelle abominevoli concezioni della vita.
E sicuramente non aiuta il fatto che, segnalato al “team di Facebook” un post dove l’ex ministro Kyenge viene definita “orango di merda” (testuale, scusate la volgarità, stiamo citando parole di sedicente Christian Zuttioni) la risposta del suddetto “team” (che dovrebbe controllare non si diffondano messaggi offensivi e razzisti) sia “non viola i nostri Standard della comunità”.
Così possiamo pure provare orrore per le proposte di taluni esponenti politici che invitano ad affondare i barconi (poi hanno specificato, bontà loro, che non intendevano i barconi con la gente sopra, ma i barconi nei porti, cosa che non era tanto chiara nelle loro dichiarazioni primigenie); per le esultazioni di coloro che inneggiano all’annegamento (“700 in meno che vengono a rompere…”, più o meno testuale); per le raccolte di firme finalizzate a domandare che i profughi non vengano accolti in strutture alberghiere (l’alternativa è che pernottino nelle strade e nei parchi, soluzione che non ci appare né umanitaria né razionale dal punto di vista igienico); possiamo inorridire di fronte alle generiche manifestazioni di intolleranza contro il “diverso”, sia esso straniero immigrato, sia esso il Rom, cittadino italiano, che però vive in modo che “non piace” al “benpensante” di turno, che li vorrebbe omologati alla “cultura” dominante (non necessariamente più “civile” della loro, detto per inciso); quella stessa “cultura” che viene espressa non sono solo dai beceri abbaiatori del web, ma, purtroppo, anche da esponenti politici che istigano, dall’alto del loro ruolo di leader di movimenti “giustizialisti”, i bassi istinti prevaricatori di chi non ammette che esistano persone diverse da sé.
Sentire Matteo Salvini proclamare che intende radere al suolo con le ruspe i campi rom (ed aggiungiamo, nel suo piccolo, ma davvero piccino, mentalmente, quel nostro concittadino che non è neppure candidato ad essere sindaco, dato che le elezioni si svolgeranno tra un anno, ciononostante ha già dichiarato che “quando sarà sindaco” abbatterà con una ruspa la moschea – lo informiamo, per evitare che muova inutilmente il mezzo meccanico, che non è ancora a livello di progetto, ma solo di richiesta), e vedere che di fronte a certe sparate xenofobe e violente non solo non gli viene fatto il vuoto intorno, né viene denunciato per istigazione all’odio etnico e alla violenza, ma invece diventa un mito per centinaia di buzzurri che inneggiano a lui ed alle sue idee, fa capire come un Adolf Hitler possa avere preso serenamente il potere in Germania tramite libere e democratiche elezioni (non come in Italia, dove Mussolini ha dovuto fare più o meno un colpo di stato, avallato dal re fantoccio, per andare al governo), eletto da “normali” cittadini invasati dai suoi discorsi che ponevano la necessità di eliminare tutti i nemici del popolo tedesco, gli ebrei dal punto di vista etnico, i comunisti dal punto di vista politico.
Oggi al posto degli ebrei (ma ce n’è anche per loro, in alcune fazioni più estreme, così come per i comunisti) troviamo i Rom (che furono già oggetto di sterminio da parte nazista) e gli immigrati, profughi da zone di guerra o in fuga dalla fame, o semplicemente alla ricerca di un altro modo di vivere; e così la Lega Nord, che negli anni Ottanta si era fatto largo a suon di slogan come Roma ladrona, terroni tornate a casa vostra e forza Etna, ha ora riscoperto la propria anima più fascistoide (non sarà un caso che tra i propri esponenti vi siano anche antichi ordinovisti come Mario Borghezio, che ricordiamo spiegare ai propri seguaci come fare politica vincente: “non essere etichettati come fascisti nostalgici ma come un nuovo movimento regionale cattolico, sotto sotto rimanere gli stessi, penetrate ovunque potete, ma non dite alla gente che siete fascisti”; o come Franco Rocchetta, sottosegretario in uno dei governi Berlusconi, ma da giovane partecipante ad un corso sulle tecniche di infiltrazione nella Grecia dei colonnelli, ed indagato l’anno scorso come presunto “ideologo” del movimento eversivo detto “l’Alleanza”), quell’anima che vuole il popolo italiano intero (non più solo i “padani” invasi dai “terroni”) unito nella lotta contro gli altri popoli nemici, invasori del sacro suolo, venuti a minacciare i nostri posti di lavoro, le nostre case, le nostre donne (! ma qualcuno glielo ha detto che la maggior parte delle donne in Italia – non necessariamente italiane… – vengono aggredite, violentate ed anche uccise per lo più da italiani?).
Un ruolo non indifferente nell’evoluzione di questa deriva umana e culturale lo ha certamente avuto anche l’azione di livellamento delle cosiddette “ideologie”, cioè il fascismo ed il comunismo (ragionamento che d’altra parte non considera come “ideologiche” né le religioni né il liberismo, che sono dopotutto responsabili dell’attuale tensione mondiale), e la progressiva riabilitazione del fascismo in concomitanza alla progressiva criminalizzazione del comunismo. Così ci troviamo di fronte ad una ripresa apologetica del fascismo, che viene dipinto come un regime che ha fatto solo il bene del suo popolo e che l’unica cosa che ha sbagliato è stata di entrare in guerra al fianco della Germania, facendosi sconfiggere. Ma non si considera che l’entrata in guerra dell’Italia fascista era del tutto coerente con la politica fascista, politica imperialista che identificava nella difesa della patria l’occupazione delle patrie altrui, come le guerre coloniali in Africa, l’invasione dei Balcani e la campagna di Russia.
Così si è giunti anche, in nome di questo malinteso concetto di “amor di patria” a riabilitare, mediante la legge sul Giorno del ricordo (10 febbraio) e le onorificenze da essa sancite, militari repubblichini, gerarchi fascisti, collaborazionisti dei nazisti nelle zone occupate. Ha fatto scandalo il caso del repubblichino Paride Mori, morto per cause di guerra “difendendo la patria” agli ordini degli occupatori nazisti e combattendo contro gli Alleati: ma quante onorificenze simili sono state conferite, stravolgendo in questo modo la memoria storica, ma anche offendendo i combattenti antifascisti, coloro che rimasero fedeli al legittimo governo italiano, il Regno del Sud, cobelligerante contro le potenze dell’Asse a fianco degli Alleati, combattenti che vedono oggi premiati proprio coloro contro i quali si trovarono a lottare, a prezzo di sacrifici ed anche della vita.
Oggi in Italia le stesse autorità che il 27 gennaio nella Risiera di San Sabba commemorano le vittime del nazifascismo, il 10 febbraio ricordano invece coloro che causarono quelle vittime, se risultano in qualche modo “infoibati”, cioè arrestati dalle autorità jugoslave e scomparsi. Così il 27 gennaio a Trieste si ricordano i morti della missione alleata Molina, uccisi nella Risiera (Valentino Molina, Francesco Sante De Forti, Guido Pelagalli, Clementina Tosi) ed il 10 febbraio coloro che li fecero arrestare (Alfredo Germani, Remo Lombroni; Ermanno Callegaris, Giovanni Burzachechi). Il 27 gennaio si commemorano tra i resistenti uccisi in Risiera il partigiano di Boršt Danilo Petaros, il poliziotto gappista Adriano Tamisari, il rappresentante democristiano Paolo Reti, tutti arrestati dall’Ispettorato Speciale di PS (corpo collaborazionista che operò esecuzioni, rastrellamenti, deportazioni), dei quali vengono ricordati il 10 febbraio i 67 agenti “infoibati”, tra i quali Mario Suppani, responsabile anche dell’arresto dell’anziano azionista Mario Maovaz, fucilato il 28/4/44; i rastrellatori di Boršt Mario Fabian, Matteo Greco, Dario Andrian, Francesco Giuffrida e Gaetano Romano; Ferruccio Soranzio, responsabile del rastrellamento di Ronchi che causò la deportazione nei lager di 64 persone, 25 delle quali non fecero ritorno; Alessio Mignacca, killer di antifascisti e torturatore che fece abortire una donna picchiandola.
Ed aggiungiamo l’ultimo prefetto di Zara italiana, Vincenzo Serrentino (fondatore del Fascio in Dalmazia, squadrista, ufficiale della Milizia e nel Direttorio del PFR) che aveva poi svolto (assieme a Pietro Caruso, fucilato a Roma alla fine della guerra) il ruolo di giudice a latere del Tribunale Speciale per la Dalmazia (presieduto dal generale Gherardo Magaldi), che si spostava in volo da Roma per emanare condanne a morte ad antifascisti. Denunciato come criminale di guerra alle Nazioni unite, si era rifugiato a Trieste, dove fu arrestato dagli Jugoslavi l’8/5/45, sottoposto a processo e fucilato a Sebenico un paio di anni dopo: considerato “infoibato” per questo motivo, ai suoi eredi è stata riconosciuta la decorazione prevista dalla legge sul Giorno del Ricordo.
A settant’anni dalla vittoria sul nazifascismo dobbiamo constatare che il mostro non è stato sconfitto. Che esso è ancora vivo e vitale, e si diffonde nelle nostre città, entra nelle menti dei giovani; lo vediamo prendere corpo nelle piazze tra i seguaci dei nuovi uomini del destino che invocano misure drastiche e disumane per risolvere un problema che non è come impedire a migliaia di esseri umani disperati di abbandonare le coste del Nordafrica, ma come fare in modo che possano vivere dignitosamente a casa propria. Problema che ha un’unica possibile soluzione: la fine dello strapotere delle multinazionali capitaliste e del neoliberismo, che dissanguano i popoli devastando l’ambiente in cui essi vivono.
Claudia Cernigoi
25 aprile 2015