ATTENTATO ALLA STORIA!

ATTENTATO ALLA STORIA.

Ci piacerebbe sapere cosa ha fatto di male la Storia a questo Paese, per essere una materia tanto bistrattata ed emarginata nei programmi di studio, sia a livello scolastico che di ricerca.

Anni or sono abbiamo sentito un’educatrice esporre le più recenti teorie in tema pedagogico: non ha senso insegnare la storia ai bambini delle elementari perché non sono in grado di capire.

Al di là del fatto che ai bei vecchi tempi la teoria era che l’importante è sapere spiegare le cose affinché gli altri le comprendano, e se fino ad un certo punto si è insegnata la storia in maniera nozionistica (date e personaggi, che comunque è necessario imparare per un domani quando si studierà la storia in modo più organico, ma già conoscendo la cronologia degli eventi), poi si è deciso di non insegnarla proprio, evidentemente.

Negli ultimi due mesi a Trieste sono accaduti due fatti che possiamo inserire in questo, a parere nostro, progetto ad alto livello di distruzione della cultura storica.

Il primo è la chiusura di fatto della sezione storica della Biblioteca nazionale slovena. I ricercatori ed archivisti sono stati licenziati e l’archivio è diventato quindi inaccessibile, salvo per una mattina alla settimana. Non ci sono soldi, la motivazione, e noi ci crediamo: quello che troviamo inaccettabile è che per una struttura del genere non si trovino i fondi. Si stanziano soldi per, passateci l’espressione fantozziana, cagate pazzesche, e non c’è modo di trovare i fondi per tenere aperta una struttura di ricerca storica?

Secondo punto, la questione dell’ex caserma dei Carabinieri di via Cologna, dove ebbe sede, tra il 1944 ed il 1945 l’Ispettorato Speciale di PS, corpo di repressione che operò in maniera particolarmente efferata contro le persone arrestate, anche giovanissimi di ambo i sessi e persone anziane. L’immobile è di proprietà della Provincia di Trieste, che pose il 17/10/10, in collaborazione con l’Anpi una targa a ricordo di chi subì torture e violenze e dei morti per mano dell’Ispettorato. Meno di un mese dopo apparve la notizia che la Provincia aveva messo all’asta l’immobile, in quanto “inutilizzato”; a seguito della mobilitazione degli antifascisti (che raccolsero in poche settimane quasi un migliaio di firme) e dopo la dichiarazione della Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggistici del FVG che l’immobile era stato vincolato per interesse culturale (delibera del 26/11/10), il Consiglio provinciale approvò (in data 20/1/11) un ordine del giorno collegato alla delibera di approvazione del Bilancio di Previsione 2011 nel quale si impegnava “la Presidente e gli Assessori competenti a proseguire in accordo con la Soprintendenza, Enti e Associazioni interessate un percorso di conservazione e valorizzazione delle memorie delle persone che hanno subito nel periodo bellico (indipendentemente dalla loro nazionalità) maltrattamenti, torture e umiliazioni da parte dell’Ispettorato Speciale di PS della Venezia Giulia”. E negli stessi giorni fu istituito un Comitato scientifico di storici per redigere un progetto di massima di riuso della struttura: con (da quanto avevamo capito, ma possiamo sbagliare) il benestare della Provincia.

A breve però (ma questo lo abbiamo scoperto solo negli ultimi giorni) la Provincia richiedeva (16/5/11) alla Direzione Regionale l’autorizzazione ad alienare l’immobile, autorizzazione rilasciata dall’Ente il 16/5/11 (pur con l’indicazione all’acquirente di mantenere il prospetto di facciata con la targa commemorativa e l’impegno di “dare immediata notizia” alla medesima Direzione “di eventuali ritrovamenti di scritte e altre testimonianze riconducibili ai tragici fatti del periodo bellico”. Di conseguenza l’Amministrazione provinciale ha nuovamente rimesso all’asta l’immobile di via Cologna (Determinazione n. 3081 dd 22/10/12) ed il termine fissato per la presentazione delle proposte di acquisto è il 18/12/12.

Nel corso di alcuni incontri con i funzionari dell’Amministrazione provinciale sono emersi sostanzialmente questi fattori: che non ci sono soldi, che la Provincia non ha competenza museale, e che probabilmente l’asta sarebbe andata deserta anche questa volta (al momento in cui scriviamo non sappiamo ancora il risultato della medesima). Ma va anche aggiunto che, alla richiesta dell’associazione politico-culturale Edinost di prendere visione degli atti del carteggio relativo a via Cologna, la Provincia ha risposto in questi termini: “A seguito della richiesta dd. 3.12.2012 relativa all’oggetto, si chiede a codesta Associazione, ai sensi delle norme sopra riportate, di fornire documentazione comprovante la propria posizione legittimante, precisando l’interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti ai quali si chiede l’accesso”.

Dove, a parere di chi scrive, il solo fatto di essere cittadini della Provincia di Trieste dovrebbe essere più che sufficiente a legittimare una richiesta di accesso agli atti dell’Amministrazione provinciale. Ma come se non bastasse, nonostante la risposta inviata dagli uffici competenti, la domanda presentata dall’Edinost non risultava protocollata, e sembrava desaparecida all’interno degli uffici medesimi.

Torniamo al problema principale, cioè la salvaguardia dello stabile di via Cologna. O viene acquistato da qualcuno che lo abbatterà per farne l’ennesima speculazione edilizia in una città che ha un calo demografico impressionante, oppure aspettiamo che l’edificio cada a pezzi, con tutte le parti vincolate. Perché non è possibile fare un consorzio di associazioni ed istituti storici che trovino posto in quell’edificio, accorpando i vari archivi, creando un polo didattico, coinvolgendo l’Università ed il Comune, la Regione e la Comunità europea per i finanziamenti? In questa città trovano posto un Museo della civiltà istriana fiumana e dalmata pieno zeppo di falsi storici ed un centro studi agiografico della Decima Mas: però per le vittime del nazifascismo, per la memoria della Resistenza, per la conservazione degli archivi di quel periodo storico non ci sono soldi e non c’è disponibilità.

Infine parliamo di una notizia comparsa nel sito dell’ANVGD (acronimo di Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, organizzazione nazionalista e neoirredentista che a volte scade in picchi vagamente xenofobi e/o razzisti) ed in quello dell’Unione degli Istriani (idem come sopra, con l’aggravante della pervicacia del loro presidente, Massimiliano Lakota, che sembra essere convinto che i “popoli slavi” abbiano in odio il “popolo italiano”, e si comporta di conseguenza).

Dunque, secondo queste associazioni, il 22 e 23 febbraio prossimi si dovrebbe tenere a Trieste, organizzato dal MIUR (acronimo di Ministero Istruzione Università e Ricerca, cioè l’istituzione statale preposta alla formazione della cultura in Italia, supponiamo), il quarto “Seminario nazionale sul confine orientale”, riservato ai docenti e valido ai fini dell’aggiornamento, finanziato dal Ministero (quindi con fondi pubblici, quelli scaturenti dalle imposte che noi tutti versiamo e che però vengono tolti alle Università, alle scuole, ai precari…).

Abbiamo usato il condizionale nel parlare di questo seminario perché, nonostante gli articoli rimandino a questo link http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/hub/elenco-news/-/dettaglioNews/viewElenco/0» noi non abbiamo trovato nulla in merito né a questo indirizzo, né in altri siti che non fossero quelli dell’associazionismo istriano fiumano e dalmata.

Nell’eventualità che tale notizia non sia una bufala (cosa che auspicheremmo…) prendiamo in esame il programma del seminario, dove gli argomenti di approfondimento non ci sembrano tanto importanti da giustificare una tale iniziativa, considerando che essa comunque avrà un costo non indifferente; inoltre ci ha colpito la scelta del personale preposto all’aggiornamento dei docenti, scelta che non comprendiamo in base a quali titoli e qualifiche professionali sia stata condotta. Prima di entrare nel merito vorremmo segnalare che nel sito dell’Unione degli Istriani appare la notizia che la medesima associazione, nell’incontro con il MIUR di ottobre scorso per l’organizzazione del seminario di cui sopra avrebbe chiesto (ed ottenuto, evidentemente) la “sostituzione” di uno dei nomi di relatori inizialmente proposti, cioè il professor Franco Cecotti (dell’Istituto Regionale per la Storia del movimento di liberazione di Trieste), in quanto “aveva preso parte come relatore ufficiale a manifestazioni di carattere politico ed ideologicamente orientate e, quindi, del tutto incompatibili con i principi di imparzialità che contraddistinguono l’attività del Tavolo istituzionale”. Teniamo presente tale rivendicazione da parte dell’Unione Istriani per quanto leggeremo dopo.

Vediamo gli argomenti trattati in questo seminario, tralasciando di commentare i relatori per gli interventi non prettamente storici, come quelli relativi ad aspetti geografici, all’uso della “Lavagna interattiva e multimediale” ed ai “viaggi di istruzione”; dove peraltro in quest’ultimo workshop (sic: ma la lingua italiana è diventata un optional, forse?) le tutor (idem…) sono Maria Elena De Petroni, presidente dell’Anvgd di Bergamo, e la laureata in pedagogia Chiara Vigini, presidente dell’IRCI, cioè l’Istituto per la Cultura Istriana.

Tornando alla parte storica vediamo che per venerdì 22 sono previste le relazioni d’analisi “della trattazione della storia giuliano-dalmata nell’editoria scolastica” (che tale argomento debba essere oggetto di un seminario di aggiornamento ci risulta oscuro, ma tant’è) tenute dal professor Roberto Spazzali (che obiettivamente è un esperto della materia) e dalla professoressa (non specificata la materia d’insegnamento, né l’abbiamo trovata in rete) Maria Ballarin, vicepresidente dell’Anvgd di Roma.

Il giorno dopo, nella sede dell’IRCI, sono previsti i cinque workshop (come sopra…), con due tutor ciascuno. Il primo è dedicato “all’Adriatico orientale tra Venezia, gli Asburgo e l’impero ottomano” ed i tutor sono il professor Guido Rumici (laureato in Economia e Commercio e docente di materie economiche, anche se ha scritto un paio di testi su foibe ed esodo; quello sulle foibe, ci si consenta, storicamente non molto valido), ed il giornalista Paolo Radivo, del quale non conosciamo né il titolo di studio né eventuali titoli accademici, già dirigente politico del Partito radicale e di Nord Libero, collaboratore del “Meridiano” di Trieste nella gestione Paticchio ed ora all’“Arena di Pola” (organo del “Libero comune di Pola in esilio”), noto per essere autore, oltre che di svariati scritti di stampo neoirredentista ed antipartigiano anche di un articolo “scandalistico” sul fatto che il comune di San Dorligo-Dolina, dove la maggioranza della popolazione è di etnia slovena, aveva stampato un volantino che pubblicizzava la festa tradizionale locale detta “Majenca”, lamentando il fatto che tale denominazione non veniva tradotta in italiano. Per rendere l’idea, sarebbe come se si facesse una campagna stampa per chiedere che in occasione dell’Oktoberfest di Monaco si scrivesse “Festa d’ottobre”, dato che il termine tedesco non è compreso da tutti gli italiani… d’altra parte non sembra che finora lo stesso Radivo si sia opposto alla nomina di tutor in un workshop, chiedendo la denominazione (la buttiamo così) di tutore in un negozio di lavoro

Un altro workshop riguarda “il confine orientale italiano dal Risorgimento alla Seconda guerra mondiale”, primo tutor Marino Micich, ricercatore storico del Museo storico di Fiume (di Roma) autore di varie pubblicazioni sulla questione fiumana (e non altro) e presidente dell’Anvgd di Pescara; secondo tutor (udite udite!) Massimiliano Lakota, presidente dell’Unione degli Istriani, del quale neppure conosciamo titolo di studio, eventuali titoli accademici, né ci risultano pubblicazioni che possano dimostrare la sua preparazione in materia, e del quale pertanto ci sfugge la competenza storica necessaria per formare docenti su tematiche così specifiche ed ancora controverse, conoscendo oltretutto la sua propensione alla vis polemica, che abbiamo avuto modo di apprezzare nel corso dei suoi monologhi presentati come assemblee pubbliche presso l’associazione che presiede e nel corso delle quali dà sfogo alle proprie convinzioni revansciste antislovene ed anticroate. A questo punto ricordiamo il veto posto dallo stesso

Lakota alla riunione preparatoria del MIUR in ottobre nei confronti del professor Franco Cecotti, colpevole, secondo il presidente dell’Unione degli Istriani, di essere “venuto meno ai principi di imparzialità” avendo preso la parola alla commemorazione dei fucilati antifascisti del 1930. Come se Lakota fosse un modello di moderazione e di equilibrio, quando si scaglia contro gli antifascisti in generale e gli (citazione letterale come le successive parti virgolettate) “slavi militanti di Trieste e del Carso”; quando parla della “classica protervia degli Sloveni e dei Croati”, dimostrando una certa dose se non di razzismo quantomeno di discriminazione etnica; quando si definisce “nazionalista europeista”; quando sostiene che per gli Istriani “non c’è pacificazione senza giustizia”, stigmatizzando poi la necessità di “tornare indietro” nella storia, senza peraltro specificare quale momento storico egli vorrebbe fissare come equo per la popolazione che sostiene di rappresentare. Davvero una persona adatta al tutoraggio di insegnanti degli Istituti medi superiori! Ottima scelta, egregi dirigenti del MIUR!

Infine il workshop “Dall’esodo a oggi”, con tutor la professoressa Chiara Motka (della quale pure ignoriamo la materia d’insegnamento), appartenente alla Fondazione Rustia Traine di Trieste, che ha come finalità “conservare e tutelare il patrimonio culturale, artistico, storico e letterario della Dalmazia”, e l’insegnante di italiano e latino al liceo Donatella Schürzel, presidente dell’Anvgd di Roma. Dobbiamo qui prendere atto per dovere di cronaca quanto postato su di lei da un anonimo studente (che evidentemente la conosce come propria insegnante): “OSSESSIONATA dalla letteratura di frontiera e da tutti gli argomenti riguardanti l’Istria e la storia Istriana. Sebbene competente nelle sue materie (Italiano e Latino), va avanti molto lentamente con spiegazioni molto lunghe, noiose e confuse. Riesce solo a confondere le idee” (in http://my.giovani.it/member/studenti/scheda_prof.php?id=36525).

Alla fine di questa carrellata di “esperti” e delle loro qualifiche, il primo dubbio che sorge spontaneo è che per il MIUR costituisca titolo utile se non necessario per essere considerati atti ad “aggiornare” il personale docente sulle tematiche relative al confine orientale l’essere dirigenti dell’Anvgd, dato che quattro relatori su quindici possiedono questa qualifica.

Il secondo dubbio è il criterio con il quale si sono scelti relatori e tutor, considerando che tranne Roberto Spazzali e Marino Micich che hanno al loro attivo anni di studio e ricerca sulla storia del confine orientale, gli altri insegnanti non sembrano avere competenze specifiche tali da giustificare un incarico di formazione per altri docenti, per non parlare di persone come Radivo e Lakota, che non sono né insegnanti né ricercatori storici, e dalla loro immagine pubblica non risulta che abbiano alcuna competenza in materia, dato che i loro scritti non sono nulla più che propaganda e diffusione di leggende metropolitane spacciate come fatti storici, purtroppo spesso con accenni aggressivamente xenofobi e politicamente ben inseribili in quella destra nazionalista e neoirredentista che ancora oggi rifiuta di accettare che la Storia ha sancito per l’Italia un ben preciso confine ad Est.

Nel titolo abbiamo parlato di “attentato alla Storia”, ma se è questo il tipo di formazione che il Ministero ritiene di dare ai propri docenti in materia, un seminario che più che formativo oseremmo definire disinformativo, dobbiamo correggerci: qui ci troviamo di fronte ad un progetto di omicidio mirato, e neppure indolore, nei confronti della Storia.

Claudia Cernigoi

13 gennaio 2013

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