GLI SCENEGGIATORI DEL FILM “RED LAND – ROSSO ISTRIA”

GLI SCENEGGIATORI DEL FILM “RED LAND – ROSSO ISTRIA”.

È in distribuzione nei cinema un film (co-prodotto dalla Rai) ispirato alla vicenda di Norma Cossetto, la giovane istriana la cui salma fu recuperata da una foiba nel novembre 1943, e che è diventata, suo malgrado, un “simbolo” per gli anticomunisti ed i neoirredentisti, che narrano, pur non conoscendola (non esistono notizie certe sulla sua cattura e sulla sua morte, come abbiamo scritto nel dossier Il caso Norma Cossetto, che trovate a questo indirizzo https://www.diecifebbraio.info/2012/01/il-caso-norma-cossetto/ e vi consigliamo di leggere), una vicenda tragica e ricca di particolari al limite del morboso.

Il film Red Land – Rosso Istria è stato sceneggiato da un regista argentino, Maximiliano Hernando Bruno, del quale abbiamo trovato in rete una biografia da cui risulta che «tra i lavori più interessanti possiamo citare la partecipazione nel film Red Land (Rosso Istria) (2018) di Maximiliano Hernando Bruno» (!) e da un regista padovano, Antonello Belluco, che possiamo considerare “recidivo”, in quanto autore di un film sul cosiddetto “eccidio di Codevigo” (Il segreto d’Italia), in cui ebbe modo di disinformare gli spettatori anche su questo fatto storico. Non aveva ancora finito di girare questo film che Belluco aveva già dichiarato di voler realizzare anche un film su Norma Cossetto (il progetto originale prevedeva la colonna sonora di Simone Cristicchi, reduce dal successo teatrale di un’altra opera di disinformazione storica, Magazzino 18, di cui abbiamo diffusamente parlato su queste pagine), ma alla fine Belluco si limiterà a curare la sceneggiatura del film assieme al regista Bruno.

Tale sceneggiatura si baserebbe, sembra, su un “diario” scritto dal cugino di Norma Cossetto, Giuseppe, deceduto nel 2017: ma non è un diario che risale all’epoca dei fatti, è stato scritto (su pressione della figlia, da quanto si legge in un articolo di Fausto Biloslavo[1]), nel 2016, quindi a più di settant’anni di distanza dai fatti e quando l’autore aveva 96 anni. Ci sembra il caso di citare, prima di proseguire, quanto scrisse un funzionario di polizia giudiziaria in una relazione inserita in una delle inchieste sulle “foibe”:

«È opportuno rilevare che le indagini finora espletate sono risultate abbastanza complesse, anche in considerazione del lungo tempo trascorso da quei tragici fatti e dalla contemporanea scarsità di testimonianze. D’altra parte i testimoni ancora in vita o sono anziani o sono persone che all’epoca dei fatti erano ancor in tenera età e, pertanto, con ricordi non sempre immuni da suggestioni politico ambientali, sia dirette che per il tramite della carta stampata. La storia della Venezia Giulia nel periodo 43/45 è senz’altro stata tormentata da scontri etnici ed ideologici che certamente non hanno favorito una rivisitazione obiettiva di quanto avvenuto in quel tragico periodo»[2].

In effetti la “testimonianza” di Giuseppe Cossetto, resa dopo tanti anni, contraddice in vari punti quanto aveva scritto all’epoca dei fatti il maresciallo dei Vigili del Fuoco di Pola, Arnaldo Harzarich, che diresse i recuperi dalla foiba in cui era stata gettata Norma: il teste afferma di essere stato chiamato dai “pompieri” per andare ad assistere ai recuperi delle salme e di portare con sé un tronchese per tagliare il filo di ferro che legava le mani degli infoibati, e di avere tagliato lui stesso il filo di ferro che bloccava le mani della cugina. Ma innanzitutto non si comprende perché i Vigili del Fuoco dovessero domandare ad un civile (oltretutto parente della vittima) di portare un tronchese e di procedere lui al taglio del filo di ferro sulle salme; oltretutto va aggiunto che nelle dichiarazioni rilasciate da Harzarich all’epoca dei fatti, egli aveva specificato che la salma della giovane era l’unica a non avere le mani legate, come invece gli altri corpi rinvenuti.

Inoltre in questo “diario” Cossetto descrive la salma della cugina: «nuda coperta solo da una canottiera», mentre la sorella di Norma, Licia Cossetto, ebbe modo di rilasciare due dichiarazioni diverse: in un’occasione disse che era stata ritrovata «nuda», ma successivamente affermò che indossava un «golfino tirolese» e che fu da quel capo d’abbigliamento che la riconobbe[3].

Non ci dilunghiamo ulteriormente sulle contraddizioni delle “testimonianze” rese da tutte le persone che hanno dato la loro versione del ritrovamento della salma di Norma Cossetto, ma vi rimandiamo alla lettura del dossier precedentemente indicato.

Torniamo a parlare invece del regista Antonello Belluco, al quale dobbiamo la sceneggiatura. Classe 1956, padovano ma «figlio di esuli istriani»[4], laureato in Scienze politiche, è stato regista di spot pubblicitari e nel 2006 ha girato il suo primo film Antonio guerriero di Dio, dedicato al Santo patrono di Padova. Titolare della Eriadorfilm, casa di produzione cinematografica, sta ora preparando un nuovo film, sempre sui “crimini” dei partigiani, per il quale ha lanciato nuovamente un crowdfunding (come già fatto per Red Land e per il film sull’eccidio di Codevigo Il segreto d’Italia). E proprio in relazione a questo film troviamo un interessante collegamento, perché all’epoca in cui Belluco era ancora alla ricerca di fondi per il suo progetto, dalle pagine della Uomo Libero onlus era stato lanciato questo appello.

«Un regista bravo e scrupoloso, Antonello Belluco, sta realizzando un film su una storia dimenticata avvenuta a Codevigo (Padova), tra l’aprile e il maggio 1945, dove una brigata partigiana si rese protagonista di una vendetta cruenta, passando per le armi 150 fascisti -o presunti tali- rastrellati nella zona. La storia ha inciso profondamente nella coscienza e nella memoria della popolazione locale, tanto da voler essere dimenticata -a tutti i costi- ancor oggi; al punto che quando si è saputo che cosa volesse raccontare Belluco, tutte le porte gli si sono chiuse e un velo d’omertà è calato implacabile, come come la nebbia in quella pianura. Ma Belluco non si è arreso e, da uomo coraggioso e libero qual è, intende andare avanti e terminare la sua bella opera di denuncia e, soprattutto, d’amore e di pietà. Noi abbiamo deciso di aiutarlo, se intendete farlo anche voi guardatevi prima la trama del film su: http://www.eriadorfilm.it/»[5].

E quindi andiamo a vedere le attività di questa onlus, ma soprattutto la biografia del suo fondatore, il trentino Walter Pilo, classe 1951, segretario del Fronte della Gioventù a Bolzano nei primi anni ‘70, che fu tra partecipanti ad un campo paramilitare a Passo Pennes (BZ), scoperto il 1° luglio del 1971, il cui istruttore era quel Giuseppe Sturaro, che molti anni dopo verrà trovato negli elenchi della Gladio, e fu indicato, nel corso della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo come il «vice-comandante dell’Unità di pronto impiego Primula» della struttura Gladio, operante in Alto Adige[6]. Sette anni dopo, tutti i partecipanti al campo furono prosciolti.

Nel 1972 Pilo si rese protagonista, assieme ad altri tre neofascisti, dell’aggressione al locale corrispondente del Manifesto, avvenuta in pieno centro a Bolzano, davanti alla moglie ed al bambino piccolo del malcapitato Sergio Camin; e l’Unità scrisse che Pilo si era già reso responsabile di atti simili per cui aveva anche scontato alcuni mesi di detenzione (si vedano i numeri del 5 e del 12 giugno 1972).

Titolare di un bar a Riva del Garda e ristoratore ad Arco, nel 1993 Pilo registrò come onlus la sua organizzazione di “volontariato”, l’Uomo libero, nel cui sito leggiamo che le « prime iniziative degne di nota risalgono al 1990, con i viaggi nell’est europeo». Ed un rapporto particolare di «stima e collaborazione» questa onlus lo ha avuto con la località di Vitez, nella Bosnia centrale. Consideriamo che la località di Vitez è nota soprattutto per avere dato il nome (Vitezit) ad un particolare esplosivo militare a base di tritolo prodotto in quella cittadina; il Vitezit sembra essere stato usato sia per le stragi di piazza Fontana che di piazza della Loggia ed etichette di esso sono state trovate nel corso delle perquisizione a Giovanni Ventura ed al neofascista bresciano Silvio Ferrari, morto a causa dello scoppio dell’esplosivo che trasportava con la Vespa pochi giorni prima della strage di Piazza della Loggia. Davvero curioso che con tutte le cittadine bisognose della Jugoslavia, Pilo sia andato a portare la propria solidarietà proprio nella sconosciuta (ai più, ma forse non a lui) Vitez!

Parliamo di contatti di Pilo con altre organizzazioni “solidariste”, come la Popoli del veronese Franco Nerozzi (autodefinitosi, in un incontro svoltosi a Trieste nel 2003 «bieco e delirante anticomunista»). Giornalista free lance, nei primi anni 90 Nerozzi lavorava per la Rai come corrispondente in zone di guerra e nel 1993 entrò in contatto con la sua concittadina Nidia Cernecca, esule istriana vicina all’MSI, che si era convinta che il responsabile della morte di suo padre Giuseppe, scomparso nel settembre 1943 durante la jacquerie istriana, fosse il dirigente partigiano croato Ivan Motika. Nerozzi, stando a quanto racconta la stessa Cernecca[7], si mostrò interessato e disponibile ad intervistare Motika per un servizio sul TG Sette; il 17/3/93 si recò a Zagabria assieme ad un operatore ed incontrò Motika, che aveva acconsentito a farli entrare in casa a condizione che non fossero fatte riprese (ma l’operatore le fece ugualmente, di nascosto). Nidia Cernecca si trovava in quei giorni in Slovenia per lavoro ed il giorno dopo Nerozzi le fece vedere le riprese, dopo di che i due, assieme all’operatore Capuozzo, andarono all’ospizio di Rovigno per incontrare un certo Tomissich, allora novantenne e cieco, per interrogarlo (sempre con la telecamera nascosta).

Nel dicembre 2002 Nerozzi si trovò coinvolto nelle indagini condotte dalle Procure di Verona e di Torre Annunziata su un sospetto traffico di “mercenari”, finiti in un giro di mercanti d’armi e di armati da mandare in varie parti “calde” del mondo a destabilizzare (o ristabilire l’ordine, a seconda del committente dell’incarico) in zone come le isole Comore, ma anche la Bosnia, il Ruanda, la Birmania. Si era ventilato il sospetto che l’attività “umanitaria” e “solidaristica” di Nerozzi fosse servita come copertura per altre attività illecite (in seguito Nerozzi ricorse al patteggiamento).

Con l’Uomo libero e con Popoli collabora su progetti di “aiuto” internazionale anche CasaPound: e (secondo un articolo di Andrea Palladino) proprio il leader di CasaPound Gianfranco Iannone si recò nel dicembre 2010 nel Kosovo, inviato dall’associazione di Pilo (con finanziamenti della Regione Trentino Alto Adige), assieme a quel Giovanni Battista Ceniti che sarebbe stato identificato tra coloro che tesero l’agguato mortale al cosiddetto “cassiere” di Gennaro Mokbel (uno degli attori della nota vicenda di mafia capitale assieme all’ex terrorista nero Massimo Carminati ed altri) Silvio Fanella, il 3/7/14[8]. Tracce di Ceniti, aggiunge Palladino, si sarebbero trovate proprio nel Trentino, a Riva del Garda dove, in un bar gestito da Walter Pilo il giovane sarebbe stato notato ed avrebbe dichiarato di gestire una pizzeria ad Arco.

Un filo nero davvero lungo… che continua se consideriamo che Belluco compare tra gli “amici” della pagina Facebook della Comunità politica Raido di Roma. Questa associazione (che a Trieste aveva come riferimento la sede ora chiusa di via Rapicio, dove si riunivano anche il Gruppo Unione Difesa ed Identità e Tradizione) porta il nome di una runa (la quinta runa, che rappresenta il carro di Odino ed il viaggio). Tutto il loro sito è permeato di simbologia nazista, e così si presentano:

«Siamo quelli che credono il Fronte della Tradizione si realizzi coi fatti e non con le belle parole… Sostieni RAIDO: dal 1995 iniziativa militante auto-finanziata ed extraparlamentare!».

Tra le loro iniziative, citiamo il convegno svoltosi a Roma il 29/9/07 (data che non rappresenta solo il compleanno di Berlusconi ma anche la ricorrenza di San Michele Arcangelo, cara a molti fascisti eversivi) dal titolo “Il passaggio del testimone – Dalla Rsi ai militanti del Terzo Millennio”. Tra i relatori troviamo il “filosofo” Mario Michele Merlino (l’infiltrato “nero” tra gli anarchici romani all’epoca di Piazza Fontana); il fantasioso studioso pordenonese dei “crimini dei partigiani” Marco Pirina; la nostra concittadina, Marina Marzi dell’Associazione Novecento ed il suo futuro marito, il reduce della Decima Mas Carlo Panzarasa; ma soprattutto un “grande vecchio” del fascismo (vetero e neo), Rutilio Sermonti, il cui intervento è stato così sintetizzato dai redattori della pagina: «con la sua voce stentorea ed “esplosiva” come lo scoppio di una Srcm, ha dapprima sottolineato la formidabile carica motivazionale che spinge tanti giovani a tutt’oggi, ad “abbracciare” gli ideali del Ventennio (…)»[9].

Tra gli “amici” della pagina FB di Raido Roma, oltre al nostro regista padovano, troviamo anche diversi protagonisti della strategia della tensione, cominciando dal terrorista Mario Tuti (prosciolto nelle indagini sulla strage dell’Italicus ma condannato per l’omicidio dei due agenti venuti ad arrestarlo) per proseguire con Luciano Franci, anch’egli accusato per la strage dell’Italicus; e poi Luigi Ciavardini (condannato per la strage di Bologna); Maurizio Murelli (condannato per concorso nella morte dell’agente Marino ucciso dalla bomba tirata dal missino Vittorio Loi il 12/4/73); Mario Michele Merlino ed il figlio Emanuele (regista teatrale che ha al proprio attivo alcuni spettacoli sulle foibe); l’avvocato antisemita pordenonese Edoardo Longo; diversi esponenti di CasaPound e di Forza Nuova; il “foibologo” triestino Giorgio Rustia, il veronese Franco Nerozzi ed anche il giornalista Fausto Biloslavo.

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei…

 

Claudia Cernigoi, 13 novembre 2018.

 

NOTE.

[1] http://www.ilgiornale.it/news/spettacoli/diario-martirio-cos-ho-slegato-i-polsi-cadavere-norma-1598733.html, nel quale articolo sono pubblicate anche alcune pagine del “diario” di Cossetto.

[2] Rapporto della DIGOS di Trieste datato 22/2/93, inserito nel procedimento penale 904/97 RRG della Procura di Roma.

[3] Rispettivamente in Nadia Giugno Signorelli, “Superare fratture e divisioni nel nome di Norma Cossetto”, la Voce del Popolo, 7/10/06 e in Frediano Sessi, Foibe rosse Marsilio 2007, pag. 33.

[4] https://www.film.it/film/attori/p/antonello-belluco/.

[5] Post d.d. 9/12/12 in http://www.luomolibero.it/2012/12/il-segreto/.

[6] http://www.senato.it/documenti/repository/relazioni/archiviostorico/commissioni/X%20LEG_TERRORISMO_DOC_RELAZ/X_%20LEG_TERRORISMO_DOC%20XXIII_52_22.4.92.pdf.

[7] Cfr. N. Cernecca, Foibe. Io accuso, Controcorrente 2004.

[8] http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/17/omicidio-fanella-la-rete-nera-di-ceniti-dal-trentino-al-kosovo/1060862/.

[9] http://www.azionetradizionale.com/2007/10/06/recensione-il-passaggio-del-testimone-29-settembre/.

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