COSA C’E’ DI SBAGLIATO NEL POST DELL’ ANPI DI ROVIGO?

Cosa c’è di sbagliato nel post apparso sulla pagina FB dell’ANPI di Rovigo?


Ha suscitato uno scandalo enorme un commento (quasi subito rimosso) pubblicato sulla pagina Facebook dell’Anpi di Rovigo, che pubblichiamo di seguito (lo screenshot è comunque presente in rete).

Diciamo subito che lo stile non è dei migliori, così come vi sono alcuni errori di ortografia (Basovizza va con una “s” sola). Ma, a parte questo, cominciamo dall’inizio: “le foibe le hanno inventate i fascisti, sia come sistema per far sparire i Partigiani jugoslavi che come invenzione storica”. In realtà questo non è esatto. Le foibe sono state “inventate”, o, più correttamente, l’idea di eliminare i nemici gettandoli in una foiba è nata dai nazionalisti italiani della zona istriana di Pisino, all’inizio del secolo scorso. Abbiamo già pubblicato in altra nota su questa pagina (https://www.facebook.com/notes/la-nuova-alabarda/chi-rivendica-le-foibe/675308529306383/alcuni) alcuni documenti che dimostrano chi furono i primi a teorizzare la pratica dell’infoibamento: nel 1919 il “vate” Giulio Italico, al secolo Giuseppe Cobol (poi italianizzatosi in “Cobolli Gigli”), pubblicò un libello dal titolo “Trieste. La fedele di Roma” edito da Lattes, del quale pubblichiamo di seguito alcuni stralci delle pagine 199 e 200: 

Interessante “musa”, questa istriana, che invoca la morte per “infoibamento” di chi vorrebbe mantenere la propria identità slovena o croata… ma proseguiamo con un altro testo, del 1925, che venne addirittura “approvato” per essere usato nelle scuole:

In pratica, nelle scuole italiane si insegnava ai ragazzini che il “dovere” di difendere la “favella di Dante” si concretizzava nel far finire in fondo alla “Foiba” (cioè l’orrido che costeggia il castello di Pisino, letto dell’omonimo torrente) coloro che “offendevano” Pisino con parole non italiane: in pratica un invito al massacro delle popolazioni non italiane dell’Istria. 

Questa l’origine dell’apologia della “foiba”: origine non slava e tantomeno comunista, ma nazionalista italiana e fascista. 

Ma oltre alla teoria dell’infoibamento esistono anche testimonianze di chi vide gettare antifascisti nelle foibe istriane (come Raffaello Camerini); ben più importante, però, la testimonianza di Jordan Zahar 

“Nell’estate del ‘44 pascolavamo il bestiame nei pressi del pozzo della miniera di Basovizza ed abbiamo visto più volte venire su due appartenenti alla Guardia Civica (riconosciuti per le loro buffe uniformi di colore blu e verde) che portavano con sé dei civili che, uno alla volta, gettavano dentro il pozzo. Abbiamo notato che spingevano giù sia maschi che femmine. Li vedemmo arrivare un giorno con un furgone della ditta Zimolo” (in realtà chi usava il furgone dell’impresa mortuaria Zimolo per coprire i propri misfatti erano gli agenti della “banda Collotti”, cioè l’Ispettorato Speciale di PS per la Venezia Giulia, nel quale corpo però erano stati inquadrati anche militi della Guardia Civica, quindi le cose descritte possono tornare). 

E così arriviamo al secondo punto del post incriminato: “la vergognosa fandonia della foiba di Basovizza”. Su questo argomento abbiamo pubblicato uno studio specifico (si può leggere e scaricare qui)  basato su diversi documenti provenienti da archivi britannici e statunitensi, oltre che italiani e sloveni. In breve, nel settembre del 1945 le autorità angloamericane diedero ordine di esplorare il pozzo della miniera di Basovizza per verificare le “voci” che sostenevano che nel maggio 1945 gli Jugoslavi vi avessero gettate dalle 400 alle 600 persone. Alcuni di questi documenti furono pubblicati anche sul quotidiano triestino Il Piccolo il 31/1/95 e questo è il resoconto dei recuperi:

“ L’operazione è iniziata il 7 agosto, ma a causa di molti problemi fastidiosi dovuti all’equipaggiamento non idoneo, i lavori rimasero bloccati per due settimane fino alla sostituzione della benna, e nessun soddisfacente recupero fu possibile fino al 21 settembre 1945. Su 52 tentativi solo 38 furono portati a termine con successo. 

22 settembre una tunica e un braccio umano; 23 settembre: recupero insoddisfacente. 24 settembre: due carcasse di cavallo, parti di un’arma automatica e il fodero di una spada. 25 settembre: resti di un cavallo e tre corpi umani (uno di un tedesco WO, un altro presumibilmente di un tedesco), il terzo presumibilmente di sesso femminile. 26 settembre: quattro corpi umani, resti di cavallo e indumenti. 27 settembre: resti umani (human flesh) resti di cavallo e zoccoli. 28 settembre: un corpo umano, resti umani. 29 settembre: giorno dedicato alla manutenzione. 4 ottobre: resti umani, resti di cavallo, indumenti e uno stivale. 5 ottobre: resti umani, due piedi, resti di cavallo, capelli. 6 ottobre: resti umani, pietrisco, legname. 8 ottobre: pietrisco, due piedi, uno stivale, un berretto inglese “G.S.” (si pensa appartenuto per ultimo a un membro della guardia). 9 ottobre un corpo, due piedi, una mano, pietrisco”.

E così commentò il Piccolo: “ Ma una decina di corpi smembrati e irriconoscibili non dovevano sembrare un risultato soddisfacente e alla fine si preferì sospendere i lavori”. Va detto che nei documenti statunitensi si legge che “la cessazione delle investigazioni è autorizzata. Per minimizzare qualsiasi effetto sull’opinione pubblica italiana e qualsiasi possibilità che gli Jugoslavi interpretino la cessazione come un’ammissione che le accuse contro di loro erano infondate, siete autorizzati a rilasciare una dichiarazione pubblica che la cessazione delle investigazioni è dovuta a difficoltà fisiche sopravvenute, e che ciò non implicava che le asserzioni fatte dal CLNAI siano dimostrate essere senza fondamento” (“Priorità/Combined Chiefs of Staff/W.D. Ext. 77500/Secret to Allied Force Headquarters Caserta Italy – British Joint Staff Mission Washington DC (Signed C.R. Peck, Colonel, Infantry U.S. Executive Secretary)/Secret/19 February 1946”). 

Dunque dall’attuale monumento nazionale detto “Foiba di Basovizza” furono recuperati una decina di corpi e poi più nulla (come narriamo nel testo citato). Va aggiunto che nel 2005 fu presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Trieste, per chiedere la sospensione dei lavori di “riqualificazione” dell’area circostante la cosiddetta “foiba di Basovizza”. Considerato che nel corso degli ultimi cinquant’anni (all’epoca: adesso sono dieci di più, n.d.r.) dichiarazioni di uomini politici, storici e notizie stampa di varia provenienza hanno parlato di eccidi commessi nella zona nei primi giorni del maggio 1945 ad opera dell’esercito jugoslavo, e che altre notizie e dichiarazioni di autorevoli personalità politiche (come le risposte ad interrogazioni parlamentari presentate nel 1959 dopo la copertura della voragine, copertura che l’allora ministro Andreotti definì “provvisoria”) asseriscono la presenza di resti umani nella voragine a tutt’oggi, il parere degli scriventi, nonché motivo dell’esposto era che sarebbe stato necessario, prima di procedere a qualsivoglia risistemazione dell’area, provvedere al recupero delle salme che da decenni si dice si trovino in fondo al Pozzo della miniera. Ma l’allora Procuratore capo di Trieste Nicola Maria Pace archiviò l’esposto con la formula “non costituisce notizia di reato”, senza altre motivazioni (la formula non prevede vengano date motivazioni, peraltro).

Se quindi la Procura di Trieste nel 2005 ha ritenuto infondate le voci che davano presenti ancora centinaia di salme nella “foiba” di Basovizza, e dal 1945 non furono recuperate altre salme oltre alla decina di cui abbiamo parlato, ciò significa che non vi fu alcun eccidio a Basovizza così come viene descritto dalla propaganda (e quindi si tratta di una “fandonia”, che anche a parere nostro è “vergognosa” perché specula su morti e sensibilità umane), quella stessa propaganda che oggi si permette di tacciare di “negazionisti” coloro che tali “fandonie” hanno smascherato.

Claudia Cernigoi

29 gennaio 2019.

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